I 50 anni di Ivana Iozzia alla Maratona di New York: “Tornata dove tutto è iniziato”

Come regalo per i suoi 50 anni ha scelto di tornare nella Grande Mela, a distanza di 23 anni dalla prima volta. La seconda maratona di New York si è trasformata in un autentico trionfo per Ivana Iozzia, prima italiana al traguardo con il quattordicesimo posto e uno straordinario tempo di 2h41’16” che le è valso anche una calorosa accoglienza all’aeroporto di Malpensa organizzata dai concittadini di Lurate Caccivio.

Tre titoli italiani di maratona in carriera, dieci volte Nazionale, specialista di corsa in montagna e trail, la comasca è tesserata per la Calcestruzzi Corradini e vanta un personale di 2h34’07” sui 42 km e 195 metri e di 1h12’54”sulla mezza.

Da quando è piombata per caso nel mondo dei runner, Ivana Iozzia non ha mai smesso di correre. E correndo ha pure conosciuto il suo attuale compagno nonché allenatore, l’ex crossista Eugenio Frangi.

Nel 2000, l’azienda tessile per cui lavora ancora oggi, mise in palio per alcuni dipendenti dei viaggi premio con cinque pettorali per la prima maratona del nuovo millennio. Ivana, che ai tempi giocava ancora a pallavolo in Serie C, non si fece pregare per accettare la sfida. Al debutto stampò 2h48’29”, il segnale che la corsa su lunghe distanze potevano fare al caso suo.


“Sarà stata la magia che si avverte sul ponte di Verrazzano – racconta Ivana Iozzia – Eppure quel giorno ho sentito una fiamma dentro di me e ho capito che quello sarebbe stato il mio sport. Avevo già 27 anni e nel mio team di volley c’era stato un rinnovamento. Mi sono ritrovata a giocare con delle ragazzine di 15 anni, soffrendo un po’ il gap generazionale”.

Ivana, non correvi una maratona da sei anni.
“Sono stata frenata un po’ dalla pandemia, un po’ dagli infortuni. Nel 2020 dovevo esserci a New York. Ero riuscita a procurarmi un pettorale grazie a Stefano Baldini, ma poi non se ne fece nulla con l’arrivo del Covid. Sarebbe stata l’occasione giusta per festeggiare i venti anni di carriera. Negli anni successivi sono stata convocata per i mondiali di trail e ho deciso di non rinunciarci. E così siamo arrivati al 2023, quando ho pensato che potevo farmi un bel regalo di compleanno”.

Come l’hai preparata?
“All’inizio dell’anno sono rimasta ferma tre mesi per una discopatia sfociata in sciatalgia e pertanto stavo abbandonando l’idea di andare a New York. Poi ad aprile la condizione è iniziata a salire e in estate, dopo il ritiro di Livigno, ho avuto buoni riscontri alla Zermatt Marathon. Ad agosto, le mie due settimane di ferie le ho spese a St. Moritz, in altura. Dopo aver chiuso la stagione del trail, ho recuperato velocità e ritmi da maratona”.

Hai definito la tua partecipazione in agosto.
“Era da tempo tutto sold-out, ho trovato un pettorale vacante grazie all’agenzia Born2Run di Rubiera. A quel punto, ho cercato di reperire qualche sponsor. L’azienda per cui lavoro mi ha fornito materiale tecnico, poi ho trovato il supporto dell’amministrazione comunale, e per questo ringrazio la sindaca Anna Gargano, che attraverso la Pro Loco ha coinvolto le aziende locali appoggiando il mio progetto pensando che potessi portare in giro il nome della mia città”.

Sei dunque riuscita a coprire parte delle spese: correre la maratona di New York non è uno scherzo per le proprie tasche…
“Come sapete il pettorale costa circa 600€. Volo e alloggio per me e il mio compagno è venuto a costare 5.000€. E poi ci sono tutte le spese in loco per il cibo”.



Tornando alla gara, avevi in mente quel tempo?
“Già a Livigno avevo avuto ottimi riscontri in tal senso. Però restava l’incertezza legata alla mia lunga assenza da una maratona. Sono sicura anche di valere meno di 2 ore e 40 minuti, ma il percorso di New York non è dei più semplici. Ho fatto un passaggio abbastanza tranquillo alla mezza (1h17’23”, ndr), sono rimasta concentrata, dopo il 30° chilometro la stanchezza si è fatta sentire ma non sono mai andata in crisi. In ogni caso, lo scopo era quello di tornare dove tutto era iniziato. Se avessi voluto correre per il cronometro, sarei andata a Berlino”

Cos’hai mangiato prima della gara?
“Ho puntato molto sulla cena. Siamo andati in un ristorante italiano, ho fatto il pieno di carboidrati con due assaggi di pasta oltre al pollo con insalata. Al mattino ho preferito la colazione in camera con i prodotti che porto sempre con me”.

E l’idratazione durante la maratona?
“Ho bevuto solo acqua e ho preso tre gel ad alta concentrazione di carboidrati. Non volevo metter su troppi zuccheri”.

Com’è stato correre a New York rispetto alla prima volta?
“Ci sono arrivata più matura ed esperta. Ero emozionata ma non tesa. Volevo godermela. La maratona di New York è una vera festa e il frastuono della gente a bordo strada è uno spettacolo. Anzi mi dispiace non aver dato molti cinque ai bambini protesi dalle transenne. Ma non gareggiando da turista, dovevo restare concentrata sulla prestazione e non sprecare energie. Una critica però la devo fare…”.

A chi?
“All’organizzazione. Ero inserita nella prima onda, ma sono rimasta in mezzo senza capire che era stato dato il via. E’ trascorso quasi un minuto prima di transitare sulla linea di partenza. Davanti al nostro gruppo c’erano altri gruppi legati a progetti di solidarietà che l’organizzazione ha piazzato davanti a noi per offrire maggiore visibilità. Ma il risultato è stato che per circa 500 metri siamo rimasti imbottigliati, senza riuscire a correre”.

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