Quella di Valencia non è stata solo una mattinata di trionfi e grandi tempi. C’è chi dalla maratona è stato respinto malamente. Per informazioni chiedere a Joshua Cheptegei, l’iridato nonché primatista del mondo dei 5.000 e 10.000 metri osservato speciale della domenica.
L’ugandese era atteso al grande salto sui 42,195 km ma il suo debutto non è stato certo da ricordare. Okay, il crono di 2h08’59” (con il 37° posto assoluto) non significa essere andati lenti. Ma le speranze di Cheptegei, che nei primi chilometri ha seguito i migliori, erano ben altre. L’obiettivo era quello di correre almeno quattro minuti in meno.
Bastava vedere i metri finali della gara per comprendere quanto sia stato duro l’impatto con la nuova distanza. Il re del mezzofondo prolungato è apparso curvato in avanti, con le gambe tremolanti, costretto a richiedere l’intervento dei medici subito dopo il traguardo, mentre a sorreggerlo ci stava pensando Marc Roig, il deus ex machina della maratona di Valencia.
La prima maratona ha sfinito Cheptegei. No, non è andata come sperava. Non si è ripetuto quanto visto, ad esempio, con Letesenbet Gidey, l’etiope che si presentò a Valencia lo scorso anno dopo aver infranto il record del mondo dei 10.000 metri a Eugene e arrivò seconda in 2h16′.
La maratona è un osso duro per chiunque. Non guarda in faccia nessuno, tantomeno un super campione del suo calibro, capace di compiere imprese leggendarie in pista. L’asfalto, evidentemente, è un’altra cosa.
“La maratona è il nuovo viaggio che ho appena intrapreso – ha dichiarato Cheptegei – Sono orgoglioso di averla portata a termine, nonostante il risultato non abbia rispecchiato ciò che avevo preparato in allenamento. Questa è stata la più grande lezione della mia vita, ma di altre maratone ne farò tante nei prossimi anni. Adesso torno a casa dalla mia famiglia per poi prepararmi alle Olimpiadi”.
Alla vigilia della velocissima prova spagnola, Joshua aveva rivelato i dettagli dell’ultima sessione di allenamento sulle strade di casa: un lungo di 28 km in 1h25‘, alla media di 3 minuti e 2 secondi al chilometro.
Non si conosce il resto del lavoro svolto e come si sia avvicinato a questo debutto, dopo le fatiche dei mondiali di Budapest, se non la media di 140-160 km alla settimana. Ma quanto fatto dall’ugandese non è bastato.
Eloquente, al proposito, il confronto tra le due metà di gara: il passaggio lodevole alla mezza maratona corsa in 1h00’36”. E il crollo nella seconda parte, corsa in 1h08′ abbondanti. Il segno di come la luce si sia spenta.
Ora nella testa dell’ugandese ci sono le Olimpiadi 2024 e il titolo olimpico dei 10.000 che manca ancora in bacheca. L’argento di Tokyo grida ancora vendetta. La maratona, considerando peraltro che ieri è stato fallito di ben 49 secondi il minimo per Parigi, può attendere. Solo il tempo e i successivi tentativi – probabilmente del prossimo autunno – diranno se l’allievo di Addy Ruiter riuscirà a trasformare la magia della pista anche sulla lunga distanza.