Adesso parla Abdelwahed: “Giudicatemi valutando tutte le prove”. Ora il Tas di Losanna

Adesso parla Ahmed Abdelwahed. A poche ore dalla sentenza che gli ha comminato quattro anni di squalifica, l’atleta ci ha inviato la documentazione della quale si è avvalso per difendersi dall’accusa di doping. Oltre a questo testo, riassuntivo della vicenda e comprendente una sua dichiarazione, che pubblichiamo in modo integrale.
G. S.

——————————————————————————-

L’ 8 dicembre, dopo oltre un anno di valutazioni attente, l’AIU ha emesso la decisione di confermare la richiesta di squalifica di 4 anni per l’uso di meldonium in primo grado.

Durante questi 14 mesi, sono stati presi in considerazione i seguenti fatti:

  1. La concentrazione di meldonium trovata (155 ng/ml) è millesimale e indica una contaminazione, non un utilizzo, senza alcun effetto sulle prestazioni. Fino a 100 ng/ml, la presenza di questa molecola è tollerata a causa delle difficoltà nel rilevamento e dei pochi studi disponibili dal 2016.
  2. Un test negativo eseguito da NADO Italia il 30 luglio, due settimane prima della positività, considerando anche l’emivita lunga della sostanza (circa 160 giorni).
  3. Test del capello e del pelo pubico eseguiti in un centro di ricerca antidoping ufficiale tre giorni dopo la positività, che hanno confermato la negatività per i due mesi precedenti (agosto e luglio 2022).
  4. L’assunzione di un integratore regolare certificato italiano contenente una molecola simile al meldonium (lisina), che ha causato la positività nei risultati delle urine del paziente.

Inoltre, è stato avviato uno studio da enti riconosciuti a livello nazionale per ripetere il test con i macchinari e il metodo di Colonia al fine di confermare la possibilità di questa falsa positività.

Nonostante queste argomentazioni, l’AIU ha confermato la squalifica con le seguenti motivazioni:

  1. Non utilizzo di un centro certificato WADA e macchinari e metodi usati nei laboratori WADA.
  2. Possibilità di un microdosaggio nella settimana prima della gara.
  3. Mancanza di studi certificati per confermare la ricerca della biotrasformazione.

Il dispositivo dell’AIU ha indicato che è possibile impugnare il caso nel secondo grado presso il Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS) di Losanna, dove le tempistiche sono più rapide.

Le prove raccolte in mia difesa saranno presentate al TAS includono:

  1. Uno studio pubblicato dopo il processo che ripete l’analisi con i metodi e i macchinari dei laboratori WADA, confermando la biotrasformazione e il caso di falsa positività.
  2. Richieste ufficiali, tramite FIDAL e la Federazione dei Medici Italiani, di analizzare l’urina dopo l’uso dell’integratore o dello stesso integratore presso un centro WADA, le quali sono state negate, rendendo impossibile la presentazione di un’analisi valida secondo le richieste dell’AIU.

Riguardo all’ipotetico microdosaggio dal 30 luglio al 19 agosto, giorno degli europei, la concentrazione minima di 155 ng/ml trovata nelle urine non avrebbe dato il tempo di smaltirla (vista l’emivita lunga della sostanza di 160 giorni), e non avrebbe comportato alcun beneficio, poiché nelle positività le concentrazioni trovate sono significativamente più elevate.

La pubblicazione della ricerca condotta dagli enti nazionali ha confermato lo studio presentato in primo grado, utilizzando metodi e macchinari dei laboratori WADA.

Date la difficoltà e la rarità del caso, era inevitabile che la decisione fosse presa da un tribunale più competente e inattaccabile come quello di Losanna (TAS).

Piccola riflessione personale

Ho voluto prendere un momento per riflettere su questa situazione delicata, consapevole della complessità e sensibilità che circondano il tema del doping, specialmente quando coinvolge un atleta sospeso a seguito di un’accusa di doping. Durante questo periodo, ho scelto di non condividere i vari studi né di esternare ciò che stavo effettivamente vivendo.

Non ho mai chiesto a nessuno di credere in me o di compatirmi. Ho semplicemente cercato di comprendere la situazione, prima di tutto per me stesso, e successivamente per difendermi e dimostrare la mia innocenza.

Una volta chiarito che non ero coinvolto e il mio non era un caso di doping mi è stato fatto capire che i precedenti che l’Italia ha avuto proprio con il laboratorio di Colonia rendevano complesso qualsiasi tentativo di risoluzione immediata in relazione alla mia innocenza. Giudicare l’uso del doping per ottenere risultati migliori di altri atleti, che dedicano la loro vita allo sport sacrificando tutto per sé stessi, è ingiustificabile. Sono il primo a pensarla così!

Tuttavia, giudicare senza tener conto delle circostanze, sebbene uniche, rarissime e inaspettate, è ancora più ingiustificabile. Significherebbe che il legame con uno sport pulito è limitato al biasimo per chi fa uso di sostanze dopanti, senza considerare la tutela di chi pratica lo sport in modo onesto.

Detto ciò, potrei condividere molte altre riflessioni, ma ciò che mi auguro è che chiunque desideri esprimere un giudizio sulla mia situazione lo faccia valutando attentamente tutte le prove. Questo per attribuire un valore al proprio giudizio, evitando generalizzazioni solo perché si tratta di un contesto delicato e dispiacevole.

Esprimo la mia gratitudine a tutti gli atleti che mi hanno sostenuto, dimostrando quanto lo sport possa unire al di là di qualsiasi avvenimento nella vita. Ringrazio anche le Fiamme Gialle che, dopo aver riconosciuto la mia buona fede, mi hanno sostenuto e continuano a farlo per giungere alla verità. Infine, estendo il mio ringraziamento a chiunque valuterà ogni dato senza arrivare a conclusioni prevenute.

Foto Grana / Fidal

SEGUI I CONTENUTI DI ATLETICA MAGAZINE ANCHE SU:
INSTAGRAMWHATSAPPFACEBOOK

Potrebbe interessarti anche...

Gli articoli di questo autore

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *