Solo le ultime finali della serata ci separano dall’epilogo di questa bella edizione dei campionati mondiali e in casa Italia è già tempo di bilanci.
Nella conferenza stampa di chiusura, il direttore tecnico Antonio La Torre ha appena tracciato un consuntivo della spedizione azzurra capace di conquistare 4 medaglie (miglior risultato da Edmonton 2001) e undici finali oltre a fornire spunti e riflessioni per un futuro che si chiama già Europei di Roma e Giochi di Parigi 2024.
Di seguito i passaggi più rilevanti dell’intervento di La Torre.
Su Parigi 2024
“La strada per le Olimpiadi è un po’ più chiara, abbiamo capito che potremo essere protagonisti. In tre anni, abbiamo affrontato tre rassegne mondiali e un europeo, non era mai accaduto prima in un lasso di tempo così ristretto. In passato, solitamente ci perdevamo. Stavolta non ci siamo persi”.
Sui numeri rilevanti della spedizione
“Alle Olimpiadi di Rio 2016 il 70% dei nostri atleti non ha superato il primo turno. A Budapest il 70% ha invece superato il primo turno. In campo femminile, ci sono riuscite 16 ragazze su 19. Tra Tokyo e Budapest, passando per Eugene, abbiamo collezionato 31 finalisti, di cui 22 diversi. Erano 10 a Tokyo, 10 a Eugene di cui 8 non erano a Tokyo. E degli 11 di Budapest ci sono state 4 new entry. Siamo in pieno fermento e la base si è allargata notevolmente”.
Sulla compattezza del gruppo
“Il risultato è figlio di una unione in campo tecnico. Come direzione tecnica, abbiamo avuto totale autonomia di scelta. E questo ci ha permesso di lavorare con serenità. Mai nessuno ha messo in discussione le capacità dei tecnici, su tutti cito il caso del prof. Di Mulo”.
Sulle staffette
“A partire dai risultati delle staffette, niente affatto figli del caso, vorrei che si cominciasse a parlare di metodo italiano. Abbiamo portato quattro staffette in finale e senza l’infortunio di Benati saremmo stati in finale anche con la staffetta mista.
Pensate che il quartetto della 4×100 femminile che ha stabilito il record italiano, è composto da una semifinalista dei 100 (Dosso) e una semifinalista dei 200 (Kaddari). Andate a vedere le altre squadre… E’ per questo che si deve parlare di metodo italiano”.
Sul mezzofondo
“Nel mezzofondo prolungato in pista ci sono da rivedere tante cose, mentre la vivacità del mezzofondo maschile e femminile è segnale di un grande ritorno. Ci veniva detto che l’atletica italiana andava bene solo sulla strada. Non è più così”.
Sui lanci
“La medaglia di Fabbri è significativa. Fino a pochi anni fa, avevamo un atleta e mezzo: Daisy Osakue e Leo. Adesso abbiamo quattro finalisti (ci sono anche Fantini e Weir, ndr) e abbiamo capito che Fabbri può essere il vero competitor di Crouser. Ma guai a sederci. Bisogna continuare su questa strada. Il mondo va veloce, arrivano nuovi atleti e come avete visto sono pochissimi i campioni olimpici che si sono riconfermati”.
Su Filippo Tortu
“Non esiste una frazione lanciata come quella di cui è stato protagonista nella 4×100 se non sei un competitor di altissimo livello sui 200. Nella videoanalisi abbiamo visto che non ha perso niente da Lyles e ci siamo resi conto che l’idea di vederlo come finalista nei 200 non era campata in aria. Filippo è uno dei più grandi rammarici della nostra spedizione ma ha saputo rialzarsi subito e sia lui che Marcell devono correre verso Parigi ritrovando spirito e ispirazione. Li aspettiamo nella finale olimpica”.
Sulla programmazione di Jacobs per il 2024
“Quest’anno è servito da lezione a tutti, con Marcell bisogna trovare un compromesso con la sua tenuta fisica. Verranno fatte delle scelte insieme a lui e al suo staff, intanto vediamo come finisce la stagione perché capiamo anche la voglia di rivalsa del ragazzo, del quale abbiamo sofferto tutti la sua mancanza anche dal punto di vista del personaggio. Il prossimo anno ci sono anche i mondiali di staffetta alle Bahamas. Noi, avendo il secondo tempo fatto ai mondiali, potremmo anche non andare, ma ho già lanciato una sfida al prof. Di Mulo, ovvero quella di formare un’altra staffetta che possa correre in 38 secondi”.
Su Tamberi
“Si esalta nelle grandi situazioni ma è uno che va molto oltre l’atletica ed è di larga ispirazione per le nuove generazioni, non solo dal punto di vista delle prestazioni”
Sul futuro dell’atletica italiana
“E’ giusto guardare già a Los Angeles 2028 e persino a Brisbane 2032. Il futuro va progettato adesso che stiamo uscendo in piedi dalle grandi competizioni internazionali. Il primo passo per avvicinare centro e periferia è stato rappresentato dalla scelta dei 100 tecnici per progettare il futuro fatta attraverso un bando pubblico. Parleremo anche con le altre federazioni, affronteremo gli scricchiolii della marcia e ci concentreremo su quello che abbiamo. Due atleti come Furlani e Iapichino sono agli inizi, hanno imparato molto da Budapest”.
Su come si conciliano Roma e Parigi
“Abbiamo già lavorato alla doppia periodizzazione quest’anno cercando di programmare Coppa Europa e Mondiali, più o meno simili come lasso temporale. Io al momento immagino una formazione degli Europei che non sarà l’esatta fotocopia di quella di Parigi”.