Con la sua prestazione nel salto con l’asta, Elisa Molinarolo è stata una delle azzurre che più si sono messe in luce a Budapest.
La 29enne di Soave ha realizzato il suo primato personale durante le qualificazioni, saltando la misura di 4.65 (la seconda prestazione all-time dietro il record italiano di Roberta Bruni a 4.72) migliorando di ben 9 centimetri rispetto a quel che era riuscita a fare quest’anno a Caorle.
L’ex ginnasta allieva di Marco Chiarello è stata la prima italiana a disputare una finale di salto con l’asta nella storia dei mondiali, chiudendo al nono posto ottenuto con la misura di 4.50: risultato non certo da buttare nonostante l’exploit del giorno prima non sia stato ripetuto.
Elisa Molinarolo, che nel suo staff accoglie come secondo allenatore il suo fidanzato Marcello Palazzo, Cristian Marin come massoterapista, la nutrizionista Emanuela Mometto, Mattia Costa come allenatore per la parte di ginnastica e potenziamento acrobatico e Carlo Visentin come fisioterapista delle Fiamme Oro, si prepara a un settembre intenso, prima di staccare la spina “a ottobre per una vacanza a Sharm el-Sheik” e di provare “a comprare, senza fretta, casa a Padova”.
Elisa, cominciamo dalla finale.
“All’inizio avevo paura di sfigurare e di sbagliare anche ai 4.30. Ho pensato di essere lì per sbaglio, che non c’entravo niente con le migliori dodici al mondo. Salto dopo salto ho capito che non stava andando male. Mi sono caricata e ho cominciato ad avere belle sensazioni, anche perché ho superato i 4.50 come seconda misura e al primo tentativo, di solito la mia ascesa è più graduale. Purtroppo non sono riuscita a fare i 4.65. In realtà , nel secondo salto ci sono andata molto vicina. E sono più che soddisfatta per la gara. Mi sono difesa bene e al mattino non avrei creduto di poter arrivare nona”.
Differenze con le altre precedenti esperienze internazionali?
“Che sono arrivata molto più tranquilla e più pronta rispetto alle Olimpiadi e a Eugene”.
E’ stata una bellissima finale.
“Direi una competizione di altissimo livello, una delle più dure, dato che tutte e 12 le finaliste hanno valicato i 4.65. Nel recente passato eravamo abituati a due gare in una, con la Isinbayeva a provare i suoi record e le altre a spartirsi i piazzamenti. Adesso la lotta è più serrata e la degna conclusione è stato il duello tra Nina Kennedy e Katie Moon. Entrambe meritavano di vincere e sono sempre favorevole alla condivisione di una medaglia d’oro”.
Sei arrivata a Budapest in ottima forma e con grande consapevolezza.
“Quest’anno ho fatto dei passi avanti, sia a livello tecnico che a livello personale e di preparazione. Sono arrivata serena al 101%, senza aver trascurato niente, dalla parte dell’alimentazione a quella della fisioterapia. Dunque ero pronta anche ad accettare un’eventuale debacle, perché ero consapevole di aver fatto tutto al massimo delle possibilità e non avrei potuto avere recriminazioni”.
Eppure le due gare che avevano preceduto i mondiali non erano filate proprio lisce.
“A Molfetta ho commesso un errore il giorno prima della competizione. Non avendo a disposizione i pesi per l’attivazione pre-gara, ho messo in atto un piano B affidandomi a degli esercizi che ho pagato il giorno successivo. Avevo male alle gambe e non ero tranquilla”.
E al meeting di Brazzale?
“Mi sono portata dietro quello che era successo ai campionati italiani e i crampi mi hanno costretto al ritiro dopo il 4.38”.
Come sei riuscita a mantenere le certezze allora?
“E’ stato merito del mio allenatore, Marco Chiarello. Mi ha detto che il lavoro fatto in tutti questi mesi non si poteva cancellare per una gara andata male o per un crampo. E così è stato. Ai mondiali mi sono proprio divertita”.
E domani si va a Zurigo (l’asta va di scena il 30 agosto perché si svolge presso la stazione ferroviaria, ndr) per la Diamond League…
“Partecipare a un meeting di Diamond League così prestigioso mi riempie di soddisfazioni. Cercherò in quest’ultima parte di stagione di sfruttare il momento di forma. Mi vedrete a tante gare: Bellinzona, Chiari, Rovereto. Saranno giorni intensi e mi aspetto alti e bassi. Proverò comunque a migliorarmi, ho capito che nulla è impossibile e che il minimo olimpico non è poi così lontano”.
E il prossimo anno?
“Dovremo sederci a tavolino e stare attenti alla programmazione. Gli appuntamenti sono tanti: mondiali indoor, europei, campionati italiani, Olimpiadi”.
Qual è il vantaggio di provenire dalla ginnastica?
“Tutta la parte acrobatica, dal momento in cui stacchi da terra. Però nell’atletica si corre in modo totalmente diverso e su superfici meno morbide. Ho fatto grande fatica, ci ho lavorato davvero parecchio”.
Per te un’importante svolta è arrivata nel 2022, con l’ingresso nelle Fiamme Oro.
“Fino al 2021 ho lavorato in un’agenzia di marketing e di fatto ho disputato la mia prima Olimpiade da atleta non professionista, giocandomi le ferie e i permessi per andare a Tokyo. Quando ho passato il bando in Polizia, è cambiato tutto, perché non sono stata più costretta ad allenarmi dopo l’ufficio alle 18:30. Adesso ho anche l’opportunità di studiare: sono iscritta in Scienze dell’Amministrazione – Indirizzo Sportivo e spero dopo la carriera di portare le mie conoscenze sia in Polizia che nelle società sportive”.
Con Chiarello cosa vi siete detti in questi giorni?
“Non abbiamo ancora festeggiato ma abbiamo parlato di cosa ha funzionato e com’è stata gestita la competizione”.
E tu come hai gestito le ore che ti hanno separata dalla finale?
“Dopo il personale in qualificazione non sono riuscita a dormire. Mi svegliavo e guardavo in continuazione il video del mio salto, perché non mi sembrava vero. Mi sono avvicinata alla finale facendo tante cose: fisioterapia, le gambe in ghiaccio, i massaggi, una bella passeggiata con il mio fidanzato Marcello al Castello di Buda per smaltire la tensione. Al pomeriggio 30 minuti di attivazione sull’erba, pressoterapia e di sera sono passata dal fisioterapista giusto per trattare gli ultimi fastidi. Anche in hotel non sono riuscita a star ferma: ho fatto stretching nei corridoi”.
Un bel po’ di gente a te cara ti ha seguito in Ungheria.
“Mamma, papà , zia e amici di una vita. Peccato non ci fosse mia sorella, che vive a Hong Kong ed era stata l’unica a esserci a Eugene. In ogni caso, lo stadio era pieno di italiani e devo dire che a volte si confondevano con gli ungheresi perché mettevano la bandiera storta. E’ stato bello vedere tanti bambini scendere fino a bordo pista per darmi il cinque”.
Foto Grana / Fidal