Nel giro di una settimana sono crollati quattro record del mondo nel mezzofondo. Faith Kipyegon ne ha stabiliti addirittura due, il primo al Golden Gala di Firenze nei 1500 metri (3’49″11), il secondo a Parigi, sempre in Diamond League, abbassando i 5000 metri a 14’05″19.
Sempre nella capitale francese, il 22enne etiope Lamecha Girma, nei 3000 siepi ha fermato il cronometro a 7’52″12, oltre un minuto e mezzo in meno del record del qatarino Saif Saaeed Shaheen (che da keniano si chiamava Stephen Cherono prima del cambio di cittadinanza) stabilito nel lontano 2004.
Ancor più datato era il record delle 2 miglia, distanza non olimpica, corsa dal norvegese Jakob Ingebritsen, sempre venerdì scorso a Parigi in 7’54″10, più di 4 secondi in meno del mitico Daniel Komen targato 1997.
Insomma, grandi atleti e grandi tempi per l’atletica delle scarpe di ultima generazione da cui sicuramente i big stanno traendo dei benefici.
L’ultima novità si chiama però wavelight, già ribattezzate lepri luminose, ovvero le lucine verdi lampeggianti a bordo pista che in tempo reale offrono il riferimento sul primato del mondo a chi gli corre di fianco.
Una scansione simile siamo abituati a vederla da tempo nel nuoto: ma la linea che si muove sull’acqua è soltanto virtuale sugli schermi della tv, a beneficio di cronisti e telespettatori. Adesso, a quanto pare, sono gli atleti i primi a potersene giovare.
Dei vantaggi offerti dalla Wavelight Technology abbiamo parlato con Francesco Panetta, mezzofondista di grido dell’atletica italiana, che sui 3000 siepi raccolse la medaglia d’oro sia ai Mondiali di Roma del 1987 che agli Europei di Spalato del 1990. Il suo 8’08″57 vale ancora il record italiano della specialità e sopravvive da ormai 36 anni.
“Innanzitutto – chiarisce subito Panetta – se non hai le gambe non vai da nessuna parte. E questo vale anche per le scarpe…”.
Francesco, sei favorevole o contrario alla Wavelight Technology?
“Non essendo un retrogrado, non posso giudicare in maniera negativa l’arrivo delle nuove tecnologie”.
Kipyegon, Girma, lo stesso Ingebritsen ne hanno subito approfittato.
“E’ un supporto visivo che indubbiamente ti aiuta, un riferimento importante. In molti hanno notato che Girma rivolgeva il suo sguardo in basso. A un certo punto le luci non le ha più viste e questo ha significato per lui un ulteriore stimolo. Ormai gli era davanti e si è reso conto di essere a un passo dal record”.
Quindi si parte con le lepri e poi ci pensano le luci…
“Stiamo parlando di livelli altissimi e di ritmi forsennati. Diciamo che dove non arrivano le lepri, subentrano le luci. La Kipyegon, ad esempio, ha trovato come “lepre” un avversario raro come Gidey, l’atleta che era detentrice del primato sui 5000. E quindi ha potuto correre con il massimo senso della competizione”.
Anche dal punto di vista degli spettatori è un cambiamento importante.
“Aiuta tantissimo i neofiti di questo sport e chi lo commenta in tv. La Wavelight offre suspence ma anche argomenti in più nei momenti in cui la gara è solo tattica. Una bella novità, è giusto che ci siano delle innovazioni”.
Pensi che il ruolo delle lepri possa essere ridimensionato in futuro?
“No. Il mezzofondista ha sempre bisogno del contatto fisico e non verrà mai meno questo tipo di supporto. E’ anche vero che con la tecnologia dobbiamo abituarci a un nuovo modo di fare lo sport e l’atletica deve adeguarsi. Se arriva qualcosa per favorire lo spettacolo, ben venga. E’ bello anche che i record vengano migliorati”.
Proprio come è avvenuto nei 3000 siepi, dopo quasi 20 anni.
“La specialità ha vissuto una stagnazione pazzesca, se pensiamo che un 8’05”, tempo che si correva alla fine degli anni Settanta, ancora oggi può valere il podio mondiale. Che adesso si possa viaggiare sui 7’50” lo trovo naturale, anzi mi stupisco che siano così pochi gli atleti in grado di poterlo fare”.
Quali sono i prossimi record che potrebbero cadere?
“Il mezzofondo è in grande fermento. E a mio avviso sarà in campo femminile che vedremo le prestazioni abbassarsi in modo più frequente”.
Anche l’atletica italiana è in pieno fermento e per la prima volta parte tra le favorite nella Coppa Europa di fine mese.
“La federazione e gli staff tecnici sono stati bravi a dare impulso, con un lavoro serio, ai risultati di Tokyo. Sono passati due anni da quell’estate magica e si è creato un grande spirito di emulazione, un vero e proprio effetto che oggi ci consente di avere non solo quel ristretto numero di top, ma tutta una schiera di atleti giovanissimi come Furlani, Sibilio, Arese di grande spessore. Crescono bene e sbagliano poco. Saremo competitivi per i prossimi 10 anni”.
Colpisce come, a differenza del passato, siamo protagonisti un po’ dappertutto: velocità, mezzofondo, salti, lanci, maratona...
“Non sono più macchie d’olio, ci sono segnali positivi che stanno provenendo da più parti, con diversi atleti pronti a garantire il ricambio da chi è più avanti di loro”.
Non è che qualcuno che si era un po’ adagiato è stato svegliato dai risultati di qualche compagno?
“La competizione interna, se sana e mirata, genera un grande movimento. E’ quello che succedeva ai miei tempi, quando dovevo vedermela con i vari Cova, Mei, Antibo e Bordin. Ed è quello che sta accadendo oggi. Prendete la velocità: Tortu ha in qualche modo generato Jacobs. E dietro Jacobs ora c’è Ceccarelli. Oppure il mezzofondo, con Nadia Battocletti che sta trascinando un intero settore. Si innescano delle scintille. Gli atleti provano a emularsi, si convincono che ce la possono fare ad essere più bravi degli altri”.
A proposito di Jacobs: il suo rientro a Parigi è stato tutto in salita.
“Nell’atletica i momenti difficili sono sempre dietro l’angolo, soprattutto dopo alcuni anni che sei sulla breccia. In ogni caso, comprendo la delusione di Marcell. Ha perso da sei stranieri, e ci può stare. Certo, anche lui dentro di sé vuole restare il numero uno in Italia. E sa che alle sue spalle, Ceccarelli fa sul serio”.
Il tuo record italiano sui 3000 siepi regge da 36 anni, ma il mese scorso è stato avvicinato da Osama Zoghlami.
“Sono felice che abbiamo ritrovato un paio di siepisti in grado di correre su tempi di rispetto. Secondo me si può arrivare anche a 8’05-8’06”. Mi auguro che il record italiano possa crollare nelle competizioni che contano. E soprattutto che non si corra una sola volta su quei livelli. E’ importante ripetersi e poi scendere ancora di 2-3 secondi. La disciplina sta ripartendo molto veloce, con interpreti di assoluto spessore. Non resta che farsi trovare pronti”.
Credits foto d’apertura: AFP