Dell’atletica non ne vuol sapere più niente da tempo. Ma quando il telefono si è messo a squillare e dall’altro capo del filo c’erano Pietro Arese e la mamma che lo voleva a pranzo, non ha potuto rifiutare l’invito. Così, Gennaro Di Napoli ha trascorso un paio di ore a casa di quel ragazzo piemontese che gli ha da poco sottratto il primato italiano dei 1500 metri, correndo a Oslo in 3’32″13.
Non tutti gli azzurri che hanno fatto grande la nostra atletica sono poi rimasti in orbita. Gennaro Di Napoli, che vive a San Donato Milanese dopo gli anni trascorsi a difendere i colori della Snam, è sparito dai radar, preferendo dedicarsi ad altro. Dal tono di voce si capisce che si tratta di una ferita che in tanti anni non deve essersi del tutto rimarginata, specie quando ti rendi conto che la riconoscenza non è un sentimento distribuito egualmente sulle persone.
Di Napoli è stato uno dei più forti mezzofondisti. Il primato italiano dei 1500 metri lo firmò a Rieti nel 1990, grazie al crono di 3’32″78. Detiene ancora il record nazionale del miglio e dei 2000 metri. E’ stato argento europeo nei 1500 e tre volte oro nei 3000 metri, una agli europei e due ai mondiali. In bacheca anche un oro agli eurojunior dell’87 e un altro ai Giochi del Mediterraneo di Atene.
“I record – spiega al telefono Gennaro Di Napoli, che oggi ha 56 anni – sono fatti per essere battuti e sono contento che ciò sia accaduto. Negli ultimi tempi, a causa dei tanti azzurri che c’erano andati vicino, si è parlato molto di me e vorrei che non fosse mai successo. Io con l’atletica non c’entro più niente. Sono fuori dal 2003. Avevo provato a restare nell’ambiente, ma alcune persone mi hanno ostacolato. Credo di aver dato di più di quello che ho ricevuto. Ho preferito allontanarmi da questo mondo e in questi anni ho declinato tutti gli inviti. A una mamma che ti invita a pranzo, però, non ho potuto dire di no”.
Gennaro, quindi non guardi più nemmeno le gare.
“Preferisco così. Quando mi hanno detto che Arese aveva battuto il mio record, la sera sono andato a vedere gli highlights. Ammetto però di aver visto in tv i 1500 degli Europei di Roma, dove c’erano tre italiani in finale”.
Che impressione ti ha fatto Pietro Arese?
“E’ un ragazzo pulito. E genuino. E poi molto intelligente. Altrimenti quella medaglia di bronzo non l’avrebbe mai presa”.
Perché?
“Solo con la tattica e la pazienza puoi salire sul podio nei 1500 di oggi. Io ad esempio non ci sarei mai riuscito. Sarei partito davanti a tutta con gli altri e poi sarei saltato per aria”.
Come sono cambiati i 1500 metri rispetto alla tua epoca?
“Anche allora c’era gente che li correva in 3’28” o 3’29”. Ma erano due-tre atleti. Oggi sono molti di più. Serve molta più forza esplosiva di un tempo”.
E il Jakob Ingebrigtsen dei primi anni Novanta chi era?
“Nourredine Morceli (campione olimpico ad Atlanta 1996 e tre volte iridato, ndr). Tutte le volte che si presentava allo start, era per migliorare il suo personale. Doveva andare così anche quel giorno, a Rieti”.
Era il 9 settembre del 1990. E Gennaro Di Napoli corse in 3’32″78.
“Morceli non seguì stranamente le lepri. Così mi sono ritrovato a batterlo e a vincere la gara. Il record italiano non era il mio obiettivo. A me interessavano le vittorie. Quel giorno ero in formissima. La settimana prima avevo vinto l’argento agli Europei di Spalato. Ero nel pieno dell’entusiasmo, anche se avrei potuto anche vincerlo quel titolo continentale”.
Oggi di cosa ti occupi?
“Il mio lavoro principale resta quello di commerciale per la Puma: mi occupo di vendite nel calcio, nel basket, nel running e nel padel”.
Che insieme al golf è diventata la tua nuova passione.
“Mi sono avvicinato dopo aver riscoperto il tennis. Oggi organizzo il Luxury Padel Open & VIP nei più bei circoli della Lombardia”.
Ma a casa Arese com’è andata?
“E’ stata una bellissima giornata, trascorsa tra brave persone. C’era tutta la sua famiglia, il nonno, il suo allenatore Silvano Danzi. Hanno preparato tantissimi antipasti e poi dei buonissimi ravioli con il pomodoro e i prodotti da loro coltivati”.
E poi?
“E poi abbiamo rivisto insieme il finale della gara di Oslo. Confesso di aver pianto. Vedere le gare mi fa ancora stare male”.
Ma prima di Arese c’è qualcuno che in questi 34 anni avrebbe potuto battere il tuo record?
“Di sicuro Giuseppe D’Urso, grandissimo talento. E forse Giordano Benedetti, ma poi ha spostato il focus sugli 800”.
P.S. I nostalgici possono rivedere la vittoria di Di Napoli al meeting di Rieti del 1990 cliccando qui.
foto d’apertura Grana / Fidal