Fino alla metà di luglio, Roberto Rigali era uno dei tanti buoni velocisti azzurri, non certo sulla bocca degli appassionati. Poi il responsabile della velocità Filippo Di Mulo, alle prese con una 4×100 maschile incerottata e con l’acqua alla gola per una qualificazione mondiale mai arrivata con certezza, ha fiutato la sua condizione e lo ha catapultato, convinto dalle prestazioni estive, nella squadra che a Grosseto, in una gara organizzata in fretta e furia, avrebbe dovuto correre un 38″ basso e assicurarsi un posto sul volo per Budapest.
Rigali un’occasione così l’aspettava da anni e non se l’è fatta sfuggire. Tanto da essere poi riproposto nella formazione “iridata”, malgrado la concorrenza interna.
Il bresciano di Borno, portacolori della Bergamo Stars Atletica, è stato grande protagonista della storica medaglia d’argento alle spalle degli Stati Uniti. E ora si gode il momento, incluso un briciolo di popolarità che solo poche settimane fa non avrebbe minimamente immaginato.
Roberto, nel tuo paese sei stato accolto come una star.
“Hanno organizzato un super festone. E’ arrivata un sacco di gente dai paesi vicini, c’erano amici e parenti che quando ho gareggiato si sono commossi. Adesso mi salutano tutti per strada e mi chiamano per le interviste. E’ una bella sensazione, ci sta dopo tanti sacrifici”.
Sei entrato in staffetta a Grosseto, quando bisognava fare il tempo per andare ai mondiali. Com’è nata la chiamata di Di Mulo?
“Al Challenge di Modena avevo corso in 10″25 e con quel tempo finalmente ho avuto la chance che aspettavo da tempo. Di Mulo mi ha subito messo in prima frazione ed era un po’ impaurito da questa scelta. Lui è uno che ci va coi piedi di piombo. Però è andata bene. E anche se non c’erano i riferimenti elettronici, il prof mi ha detto di aver fatto la frazione più veloce di sempre in Italia”.
E così hai creduto alla possibilità di essere titolare anche a Budapest.
“Ho mantenuto la condizione e i campionati italiani di Molfetta, dove ho perso solo 4 centesimi da Ceccarelli, mi hanno dato ulteriore sicurezza. E’ chiaro che c’è sempre la paura di non poter correre, magari per qualche fastidio o imprevisto”.
Il fatto di dover passare il testimone a Marcell Jacobs ti ha messo più pressione?
“Al contrario, con Marcell mi trovo molto bene a cambiare, così come con Filippo Tortu. Questo perché entrambi mettono la mano sempre nella stessa posizione, serve solo calibrarsi all’inizio. Con Marcell abbiamo fatto due prove a Roma prima dei mondiali. Alla terza, con uno come lui, viene tutto automatico”.
Il prossimo anno ti aspetti progressi anche dal punto di vista individuale?
“L’idea è quella di scendere sotto i 10″25 e penso di poter riuscirci se imparerò a gestire meglio le varie situazioni di vento, perché in certe condizioni quest’anno dal punto di vista tecnico mi sono perso”.
Da ragazzino eri un buon sciatore.
“Diciamo che qui a Borno, con gli impianti di risalita, tutti sanno sciare. A un certo punto, bisognava svegliarsi alle 5 del mattino, e a me non andava a genio. Facevo il supergigante e a mia mamma non piaceva molto l’idea che andassi così veloce”.
E nella bella stagione giocavi anche a calcio.
“Ho iniziato nelle giovanili del Camunia, squadra della Val Camonica, ma quando ho visto che si cominciava a parlare di soldi e cartellini, mi è passata la voglia”.
Ed è arrivata l’atletica.
“Alle superiori il mio insegnante di educazione fisica mi ha suggerito di provare, mi ha visto portato. Mi sono allenato dapprima con l’Atletica Vallecamonica di Innocente Agostini. Poi, dopo la scuola, mi sono trasferito a Bergamo e da allora lavoro con Alberto Barbera”.
Non appartieni ad alcun gruppo militare e hai dichiarato di arrangiarti anche con dei lavoretti, di tanto in tanto.
“Ho aiutato mio padre con alcuni lavori di giardinaggio. In realtà devo dire grazie alla mia società, la Bergamo Stars Atletica, e il presidente Acerbis, perché mi consentono di potermi dedicare all’atletica e di gareggiare ormai come se fossi un professionista. Dopo aver preso il diploma specifico, faccio anche il massofisioterapista”.
Ai Giochi di Parigi sarai ancora tu il primo frazionista?
“Le variabili sono tantissime. Bisogna arrivarci al top e deve esserci qualcuno dei compagni che corra più piano di te. I risultati di questa stagione contano poco. Ho di sicuro qualche certezza in più a livello personale. E anche più tranquillità, perché con il supporto della mia società so che avrò ancora più tempo per allenarmi”.
Com’è stato allenarsi con Alberto Barbera in questi anni da atleta non professionista?
“Noi due andiamo di pari passo, anche per lui allenare non è la principale professione. Eppure ha dimostrato di essere uno degli allenatori più bravi che ci sono in giro. Ha portato ai mondiali me e Alessia Pavese, che siamo due atleti molto diversi. E in passato ha vinto tanti titoli italiani, guidando gente del calibro di Fofana, Giulia Pennella e Marco Vistalli”.
Si è chiusa per te è una stagione indimenticabile con l’argento iridato.
“Nel gruppo della staffetta che faceva i raduni ci sono sempre stato, dal 2018. Ero pronto, aspettavo solo una chiamata. Diciamo che a differenza degli altri, so cosa vuol dire voler correre e recitare il ruolo di riserva. L’attesa mi è servita per essere al top. E mi sono fatto trovare pronto nel momento più difficile della stagione per la 4×100”.