La grande atletica si appresta a ripartire da tutte le piste d’Europa per il gran finale di stagione. Ma prima di tornare a respirare l’odore dei meeting, riponiamo nel cassetto i Giochi Olimpici, terminati una settimana fa, con una chiacchierata insieme a Guido Alessandrini, esperto e apprezzato giornalista che a Parigi – come ormai capita da dieci anni – ha affiancato Franco Bragagna nelle telecronache delle gare di atletica per la Rai.
Guido, cominciamo da un bilancio generale di questa Olimpiade per l’Italia: abbiamo chiuso con 3 medaglie, 17 finali e un paio di quarti posti. Ripetere i cinque ori di Tokyo, del resto, sembrava quasi impossibile.
“Le medaglie che sono arrivate, peraltro, non erano così scontate. Quelle di Diaz e Furlani ci potevano stare, ma chi s’immaginava Nadia Battocletti sul podio dei 10.000 metri? Detto questo, mi piace far notare come queste medaglie siano arrivate da lungo, triplo e mezzofondo prolungato. A Tokyo invece da salto in alto, sprint, staffetta e marcia. Questa è la dimostrazione di quanto l’atletica italiana sia in movimento e stia coltivando su più terreni”.
Alcuni quarti posti suonano però come un rimpianto.
“Quelli di Stano e Sottile sono quasi terzi posti. E’ mancato davvero un niente. E li ritengo piazzamenti prestigiosi. Il rammarico è per la 4×100. Qualche dubbio sulla gestione dei frazionisti rimane, ma è giusto rispettare le scelte dei tecnici, che sono quello che vedono gli atleti tutti i giorni”.
Per tutto l’anno si è parlato del doppio picco di forma da raggiungere tra europei e olimpiadi. Per diversi azzurri, la missione può ritenersi compiuta?
“Furlani e Iapichino non sono crollati, anzi. I mezzofondisti si sono ben comportati, Arese e Battocletti su tutti. E i marciatori hanno pagato solo i malanni. In generale credo che rispetto a Roma si sia un po’ spento lo squadrone nel suo complesso. Ma l’europeo non è l’Olimpiade. Da qualcuno ci aspettavamo qualcosa in più. Ma questo qualcuno ha raccolto prima, tra mondiali indoor ed europei”.
Come commentare la “telenovela” Tamberi?
“Ha voluto partecipare a tutti i costi dopo tre anni di preparazione e ha dimostrato senso di attaccamento alla maglia azzurra e al suo sport. Detto questo, mi sono chiesto se si potesse arrivare a Parigi in condizioni migliori. Premessa: non sono un medico e bisogna mostrare prudenza dinanzi ai dati personali e clinici. Sento da più parti delle perplessità sul famoso 3% di massa grassa e sulla sua scarsa idratazione per mantenersi leggero. Si è esposto a rischi eccessivi? Mi sembra strano che un campione come Gimbo una settimana prima delle Olimpiadi abbia avuto dei calcoli renali e che quando la questione era stata esaminata e sembrava risolta, ci sia stata la ricaduta il giorno della gara. Qualcosa mi sfugge, spero solo che sia stato seguito al meglio”.
Non pensi che sia mancato qualcosa dal punto di vista della comunicazione? Possibile che a dare gli aggiornamenti sulle condizioni di Tamberi sia stato il diretto interessato con dei post su Instagram, ricopiati e condivisi poi dalla federazione sul sito ufficiale? A tal proposito, ci sono stati atleti come Palmisano, Trapletti e Del Buono che dopo le proprie controprestazioni hanno dovuto dare giustificazioni sui social e raccontare i loro guai di salute. Ma né prima né dopo le gare abbiamo saputo nulla sulle reali condizioni degli azzurri.
“Di sicuro una comunicazione ufficiale e più trasparente aiuterebbe a capire e limiterebbe, anche se non eviterebbe del tutto, equivoci, cattive interpretazioni e polemiche inutili su alcuni atleti, tenuto conto però che il web è popolato a prescindere da molti sciocchi. L’Italia è arrivata a Parigi con 5 ori olimpici di Tokyo e 24 medaglie europee. Alcune scelte e situazioni andavano spiegate meglio”.
Cosa può esser successo secondo te a Fabbri?
“Non credo sia stato solo un problema di pedana bagnata, anche se gli atleti avrebbero potuto fermarsi e chiedere che venisse pulita e questo non è avvenuto. Credo che gli sia mancata l’esperienza a quei livelli. Dopo il secondo lancio, buono ma nullo, non è riuscito a rimanere freddo. Ha perso il controllo della situazione. A differenza di Crouser e Kovacs, più navigati e capaci di governare meglio l’imprevisto. Non è stato un problema di condizione. Veniva da dodici lanci oltre i 22 metri, era stato un campione di regolarità . Ha bucato proprio l’Olimpiade e non può essere un caso, anche se le condizioni non erano favorevoli”.
Una situazione simile è capitata a Lorenzo Simonelli nella semifinale dei 110 ostacoli?
“Credo che anche lì sia entrata in gioco l’inesperienza. Si è accorto del recupero di Broadbell, si è un attimo agitato e ha commesso l’errore che gli è costato la finale. Sì, ci trovo delle similitudini con quello che è successo a Leo Fabbri. Ma entrambi avranno ancora tante possibilità , soprattutto Lorenzo”.
Chi è stato il personaggio di questa Olimpiade nell’atletica?
“Ne dico tre: Crouser, Thiam e Kipyegon. Con la concorrenza attuale, vincere il terzo oro olimpico consecutivo è un’impresa straordinaria. Chiaramente non possiamo non citare i due record del mondo di Duplantis e McLaughlin”.
Altro da segnalare?
“I 400 ostacoli maschili sono stati al di sotto delle aspettative. Credevo di vedere una gara sotto i 46″ e così non è stato. Abbiamo visto invece grandissime gare nel mezzofondo: gli 800 maschili mostruosi, ma anche la finale dei 1500 femminili. Basti pensare che Laura Muir è arrivata quinta con 3’53”.
E le sorprese?
“L’ascesa degli Stati Uniti nel mezzofondo, un segnale interessante: i bronzi di Fisher ma soprattutto l’argento nelle siepi di Kenneth Rooks che alle spalle del fenomeno El Bakkali si è ben districato in mezzo a tutti gli atleti africani. Poi la vittoria di Hocker nei 1500, che ha battuto i favoriti Kerr e Ingebrigtsen, ma anche l’oro del pakistano Nadeem nel giavellotto”.
Gli Stati Uniti sono tornati a farla da padrone: hanno raccolto nell’atletica 34 medaglie sulle 126 complessive conquistate ai Giochi.
“Io però ho fatto dei rapidi calcoli e vorrei approfittarne per sottolineare quanto forte sia l’Europa con i suoi 309 podi, il triplo della Cina (91). Mi sarebbe piaciuto vedere qualche atleta, accanto alla bandiera della propria Nazione, sventolare anche quella dell’Europa per dimostrare appartenenza e consapevolezza di essere cittadini dell’Unione Europea. Sarebbe stato anche un messaggio per i politici che siedono a Bruxelles. Per dire, guardate che ci siamo anche noi e siamo capaci di fare tante cose. Ora datevi da fare anche voi… Non è accaduto ma spero che possa succedere un giorno”.
Sul web il tuo ruolo in cabina di commento al fianco di Bragagna è sempre più apprezzato. E in molti si sono ormai appassionati ai tuoi interventi all’insegna del “nel frattempo succedono cose”.
“E’ sempre preferibile commentare le immagini in diretta, ma spesso nell’atletica, complice la regia non sempre perfetta, capita di dover andare in radiocronaca e raccontare dei numeri eclatanti dalle pedane. In generale mi è sempre piaciuto dare le informazioni prima che accadano. Avvisare prima. Pronosticare i duelli e quel che ci si aspetta di vedere”.
foto di gara di Grana / Fidal