Le scarpe vincenti della Maratona di Berlino non sono le ultime arrivate

Non poteva passare inosservato, specie se in una maratona importante come quella di Berlino, una delle sei prove major del mondo. Milkesa Mengesha, che ha vinto la gara in 2h03’17, e la connazionale Tigist Ketema, prima in 2h16’42”, hanno tagliato il traguardo con ai piedi delle scarpe non proprio nuove di zecca.

Mengesha ha infatti indossato le Nike Vaporfly 2, modello lanciato dal marchio statunitense nel “lontano” 2021. L’etiope evidentemente non si è adattato alle caratteristiche delle Vaporfly 3 e delle Alphafly 3, le scarpe con cui il compianto Kelvin Kiptum ha battuto a Chicago, un anno fa, il primato del mondo avvicinandosi come non mai al leggendario muro delle due ore.

Ancor più curiosa la scelta della terza classificata della maratona di Berlino femminile, Bosena Mulatie, che ha chiuso in 2h19′ la prova con la prima versione delle Vaporfly 1, risalenti addirittura al 2019 e ormai introvabili in commercio.

La dominatrice della competizione, Tigist Ketema, ha invece calzato le Adidas Adizero Pro Evo 1, le stesse scarpe del record del mondo firmato un anno fa dalla sua compagna d’allenamenti, Tigst Assefa, ma con suola Continental. Tutto questo nei giorni in cui il brand tedesco, a casa propria, presentava le Adizero Adios Pro 4 (indossata dal secondo classificato in campo maschile, Cybrian Kotut) e le Adizero Evo SL, in arrivo sul mercato nei prossimi mesi.

Questo per dimostrare che se da un lato è lecito aspettarsi che gli élite più veloci al mondo indossino gli ultimi modelli di scarpa lanciati dai principali brand del settore, dall’altro appare chiaro come gli stessi atleti prediligano affidarsi all’usato sicuro in gare così importanti.

Avendo trovato tutte le risposte che cercavano da un modello più “datato”, difficilmente abbandoneranno la loro comfort zone, perché per abituarsi a nuove scarpe servono tempo e sperimentazione.
Il top runner spesso riceve i nuovi modelli troppo a ridosso della maratona che sta preparando, motivo per cui preferisce rinviare l’approccio con il nuovo materiale, specie quello super tecnologico dei nostri giorni, il quale richiede un periodo di adattamento impattando le sensazioni e il modo di correre.

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