Antonella Palmisano: Madrid e quelle sensazioni per convincersi ad andare avanti

Provate a dire alla campionessa in carica di non poter difendere ad armi pari il titolo conquistato tre anni prima. Provate a dirglielo, che dopo tre anni di preparazione, tappe intermedie, incidenti di percorso, tutto il frutto del lavoro sarebbe andato in fumo giusto nel giorno più atteso. Provate a dirle che quella mattina la stanchezza avrebbe preso il sopravvento, annunciando, di lì a poche ore, la positività al Covid. In realtà, non servono supposizioni. Perché ad Antonella Palmisano è andata proprio così, a Parigi.

Per due mesi, la 33enne di Mottola, regina della marcia azzurra, non ha fatto altro che tormentarsi. Il destino è stato crudele, ma lei ha vissuto con i sensi di colpa. Negli allenamenti non era più lei. Ha pensato di uscire di scena, tanto è stata la delusione. Per ripartire un’altra volta, dopo le varie rinascite dai problemi fisici, serviva una scossa, un’illuminazione. Che per fortuna è arrivata domenica scorsa, nella 10 km di Madrid, tappa valevole per il World Tour della marcia. Antonella Palmisano ha dominato in 44’02”. E quel che più importa, ha capito dal profondo che non è tempo di mettere le scarpe al chiodo. Vale la pena andare avanti almeno per un po’. Per dimostrare di essere ancora tra le marciatrici migliori al mondo.

“Sulla Gran Via – spiega Antonella Palmisano – non cercavo di certo un riscontro cronometrico ma quel tipo di sensazioni positive necessarie a mettere da parte i due mesi difficili che ho vissuto dopo l’esperienza di Parigi. Ho vissuto le Olimpiadi come un fallimento. Non è facile chiudere in quel modo un lavoro di tre anni. Mi è stato detto che non potevo fare nulla contro il Covid. Ma i sensi di colpa mi hanno sopraffatto”.

Perché?
“Ho pensato che alla mia età sarei dovuta stare più attenta ai particolari. Mi sono convinta di aver commesso degli errori. Ho pensato che a ridosso della gara avrei dovuto abbracciare e salutare meno persone. Ho fatto fatica a farmene una ragione. E poi non sono più giovanissima. Non so cosa succederà da qui a Los Angeles, perché nella vita di una donna non c’è solo l’atletica. A Parigi le mie pretese erano altissime”.

Antonella Palmisano a Parigi.


E quindi hai pensato di dire basta.
“Sì, anche perché gli allenamenti nell’ultimo periodo non mi davano a livello di testa nessuna sicurezza. Mi sono chiesto se fossi in grado di continuare o se magari era giusto pensare subito ad altri progetti. Sono andata a Madrid per capire se ne valeva ancora la pena. Perché in realtà mai avrei voluto chiudere come a Parigi”.

E com’è andata?
“Ho messo quel pettorale per scacciare i pensieri negativi e ritrovare quel trasporto energetico che mi accompagna durante le gare. Non c’è stato un solo momento di sconforto, la testa era sgombra e concentrata a marciare bene. Dopo il traguardo, parlando con Lorenzo (Dessi, marito e allenatore, ndr), ci siamo detti che sarebbe stato un errore chiudere adesso e non sarebbe stato giusto anche per il suo percorso. Mi allena da un anno, merita di vedere i frutti del suo lavoro attraverso le mie prestazioni”.

Il prossimo anno ci sono i mondiali di Tokyo, città che ti ha reso campionessa olimpica. Forse lo stimolo che serve, magari per chiudere un cerchio.
“E’ un posto magico, potrebbe essere l’occasione per fare pace con me stessa. Sento di poter dare ancora molto. Forse solo prima dei Giochi del 2021 mi ero sentita bene come quest’anno. L’avvicinamento a Parigi, passando per un europeo abbastanza controllato, era stato perfetto, a livello fisico e mentale”.

Ti va di tornare alla mattina della 20 km?
“Fino al giorno prima stavo benissimo. Mi sono svegliata con gli occhi che mi bruciavano e lì per lì non gli ho dato molto peso. Ma nel riscaldamento mi sentivo strana. Lorenzo si è accorto della mia rigidità di gambe. E’ proprio esploso in quelle ore, il Covid. Nelle ore successive alla gara, facevo fatica a camminare. Il giorno dopo avevo febbre e mal d’orecchie e allora ho fatto il tampone. La positività è durata poco. Alla vigilia della staffetta ero già negativa. Ma per riprendere le forze ci ho messo dieci giorni. L’herpes è stato il segnale delle mie difese ribassate”.

Antonella Palmisano a Madrid.


Ha fatto discutere a tal proposito la modalità di comunicazione scelte dalla federazione in merito ai problemi fisici degli atleti. Gli aggiornamenti su Tamberi arrivavano direttamente dal suo profilo social. Di te non abbiamo saputo nulla fino al post-staffetta. Non sarebbe stato meglio rendere pubblico il tuo stato di salute?
“Credo che sia stata scelta la strada del silenzio per non allarmare anche a livello mentale gli altri atleti che dovevano ancora gareggiare, dal momento che è stata la marcia ad aprire il programma. Io mi sono isolata subito per non creare alcun problema, ma all’interno del villaggio, luogo in cui l’ho contratto, il Covid si è diffuso rapidamente e infatti entro pochi giorni il panorama è cambiato perché a un certo punto vedevi gli atleti indossare le mascherine. Dopo la staffetta, personalmente ho sentito il dovere di tutelarmi e di spiegare cos’era accaduto, che la mia controprestazione non era di certo a imputare a una preparazione sbagliata”.

Si è chiuso il tuo primo anno con la nuova guida tecnica. E’ cambiato qualcosa rispetto al passato?
“Più che altro, come poche volte accaduto prima, mi sono avvicinata a una competizione importante senza lunghi stop dovuti agli infortuni. Questo mi ha permesso di spingere tanto in allenamento, alzando notevolmente l’asticella. Ho marciato facile a ritmi mai toccati prima, passando dai 4’20” al chilometro ai 4’10″”.

Ma dopo Antonella Palmisano chi potrebbe rappresentare la marcia a grandi livelli?
“Ci sono ragazze molto promettenti come Giulia Gabriele, Michelle Cantò, Serena Di Fabio. Ma a far ben sperare è un altro dato, ovvero quello che è successo ai Campionati italiani cadetti sui 3 km, quando per la prima volta dieci ragazze sono state capaci di scendere sotto i 15 minuti. All’epoca, il mio 14’46” fu un tempo sbalorditivo. Qualcosa sta cambiando nella nuova generazione e questo ampio bacino di Under 14 va guardato con interesse”.

foto Grana / Fidal

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