Guarigione e nuove ambizioni: Elena Vallortigara, quando torni?

Il lungo stop forzato le è servito per far respirare il fisico e la mente, ma soprattutto per rimettere insieme i cocci di un’altra stagione tutta in salita, fatta di un’affannata rincorsa alle grandi manifestazioni che si è rivelata controproducente. Non che la rottura del tendine d’Achille rimediata ai campionati italiani di La Spezia possa essere considerata un accadimento positivo. Ma da quell’amarissima sera del 29 giugno, Elena Vallortigara ha potuto dedicarsi al recupero dall’infortunio ma anche a riordinare con serenità le idee, impedendo peraltro che si facesse avanti l’ipotesi del ritiro.

Passato il momento dello sconforto e archiviate le ultime delusioni agonistiche (assente a Budapest 2023, eliminata nei salti di qualificazione agli Europei di Roma, assente ai Giochi di Parigi) la portacolori dei Carabinieri che fu bronzo iridato a Eugene del 2022 è pronta a rituffarsi nella mischia. La gamba destra sta bene. E la riabilitazione procede secondo il copione. Tanto da consentire la pianificazione del 2025. Chi l’aveva data per finita, anche considerando i 33 anni della vicentina di Schio, è pregato insomma di ripassare un’altra volta.

Elena, come stai?
“L’ultimo controllo effettuato a Forlì dal dottor Lijoi è stato positivo. In tutto il primo periodo, sono rimasta qui cinque giorni a settimana per la riabilitazione, adesso stiamo facendo di tutto affinché possa andare avanti in autonomia a Siena”.

A che punto sei?
“Ho fatto tanta piscina e lavoro a secco in palestra, aumentando gradualmente i carichi. Ho ripreso anche la completa mobilità del piede e cammino senza alcun tipo di supporto. Da un punto di vista muscolare, la coscia è già recuperata, per il polpaccio serve ancora tempo. Adesso serve riattivare tutti i sistemi, ma il recupero procede bene. Considerando la delicatezza dell’infortunio e quanto sia soggettiva la risposta di ogni atleta, non avevo di proposito chiesto informazioni sulle tempistiche. Il tendine era abbastanza rovinato, tant’è che ho dovuto portare il tutore per qualche settimana in più rispetto alla prassi. Ma sono contenta di come abbia risposto il mio corpo. Ho percepito i vari progressi”.

Elena Vallortigara agli Europei di Roma 2024.


Dopo l’infortunio, sei riuscita a vedere le Olimpiadi?
“E’ stata una grande sorpresa. Ho guardato tutto, dall’inizio alla fine. L’atletica, ma anche gli altri sport. E non ho sofferto come pensavo. Anzi, ho visto i Giochi da una prospettiva diversa. Avendo vissuto quelle sensazioni, mi sono sentita vicina alle emozioni degli atleti. Ero contenta per tutti quelli che stavano vivendo quell’esperienza. Nessuna invidia”.

Una settimana dopo La Spezia è stato abbattuto anche lo storico record del mondo dell’alto grazie al salto di Yaroslava Mahuchikh.
“Ho seguito anche quel meeting e devo dire che ancora oggi, quando penso al primato del mondo, mi viene da dire 2,09 e non 2,10, tanto resisteva da una vita il record della Kostadinova. Il fatto che lo abbia centrato adesso la Mahuchikh, rende quella misura vicina, reale, possibile per tutte le saltatrici di oggi”.

Cosa ti fa pensare di poter saltare ancora ad alto livello?
“La motivazione. Ho troppa voglia di rifarmi dalle delusioni dell’ultimo anno e mezzo. Non posso chiudere la carriera così. Non mi sento a posto”.

Qual è stata l’emozione dominante subito dopo il crac di La Spezia?
“La paura che si spegnesse la voglia, il fuoco dentro. E non è successo. Se fosse successo, l’avrei accettato e sarei stata pronta a cambiare la mia vita. Ma quel retropensiero non si è avverato. E mi ha giovato anche stare un po’ a riposo, trascorrere del tempo a casa, sul divano. Il mio fisico aveva bisogno di fermarsi. Aggiungo anche un altro aspetto…”.


Prego.
“L’infortunio, paradossalmente, mi ha sollevato di un peso. Quello dell’inseguimento della qualificazione per Parigi. Sapevo dentro me stessa che non avevo la condizione per farlo. E che il progetto su cui avevo investito dall’autunno scorso non aveva portato agli esiti sperati”.

Ti riferisci al sodalizio con Antonietta Di Martino. Forse il poco tempo a disposizione per centrare Parigi ha condizionato il rapporto con l’allenatore?
“Tutti sanno che sono un’atleta storicamente spesso infortunata, che si cura frequentemente per gareggiare. La scelta di andare a Formia e di allenarmi con Antonietta era finalizzata unicamente a disputare la mia seconda Olimpiade. Le tempistiche erano quelle, avevamo pochi mesi davanti. Volevo che tutto il lavoro fosse a breve termine e finalizzato a quell’obiettivo. Non mi aspettavo di dover passare da una ristrutturazione”.

Come si è arrivati al divorzio?
“Da Antonietta ho ricevuto tante rassicurazioni sulla bontà del lavoro fatto insieme ma io non avevo le sue sicurezze e non riuscivo a saltare. Prima di tutto ho messo in discussione me stessa, convinta che stessi sbagliando qualcosa. Il rapporto si è complicato e non poteva più proseguire. E col tempo ho capito, da atleta abbastanza evoluta, che se non funziona subito, allora non potrà funzionare mai”.

Però ti è dispiaciuto.
“Subito dopo la rottura del tendine, ci sono stata malissimo. Prima non avevo avuto il tempo di metabolizzare quanto accaduto, presa dalla frenesia di rincorrere Parigi. Sono stati giorni pesanti, ma poi sono riuscita a mettermi alle spalle questa parentesi”.


Perché tornare da Stefano Giardi?
“Non è stata proprio una scelta. Quando a maggio si è interrotta la collaborazione con Antonietta, sono ritornata a Siena per stare a casa e allenarmi nella pista nuova, nonostante a Formia dal punto di vista logistico mi fossi trovata bene. Mi stavo un po’ arrangiando, stanca di dovermi continuamente adattare. Con Stefano il rapporto era rimasto buono e avevo avuto anche un confronto: mi aveva vista un paio di volte saltare, per me era importante avere un suo giudizio dopo quello che era successo con Antonietta. Mi ha proposto di ricominciare insieme. Io mi sono resa conto che non potevo allenarmi da sola e nemmeno cercare un coach che non mi conosceva in un momento così complicato. Stefano è sempre stato il mio punto di riferimento”.

E ora quali sono le prospettive?
“L’idea è quella di ricominciare la preparazione vera e propria per la stagione agonistica a gennaio. Con l’obiettivo di essere pronta a saltare in gara verso la fine di aprile. Bisogna costruire la qualificazione per i mondiali di Tokyo”.

Idee abbastanza chiare.
“L’infortunio, per fortuna, non riguarda la gamba di stacco. Questo mi dà margine per pensare in grande, anche se la rottura di un tendine non è uno scherzo e io non sono più una ragazzina. Ma sono convinta di non aver esaurito le energie da atleta e di poter sfruttare ancora le mie qualità fisiche, oltre all’esperienza”.

Per raggiungere quale traguardo?
“Non posso pensare di rimettermi in sesto per andare a Tokyo e partecipare. Voglio andare in finale e fare una bella gara. E’ giusto essere ambiziosi. So come si fa a saltare due metri. Quando ci sono riuscita in passato, anche se non provenivo di certo dalla rottura del tendine d’Achille, avevo alle spalle comunque delle preparazioni altalenanti o sospese per vari guai fisici. Ora il tempo per fare le cose giuste c’è. Mi sento più sicura di altre volte”.

foto Fidal

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