Tra lavoro e recupero: Anna Bongiorni naviga a vista ma ha ancora voglia di graffiare

La nuova vita di Anna Bongiorni è cominciata dopo le Olimpiadi. La 31enne allenata da papà Giovanni è rimasta “in corsia”, dove ha intrapreso il lavoro all’Ospedale di Pisa come specializzanda in Medicina dello Sport. Nel frattempo, la sprinter azzurra è stata costretta a risolvere con un intervento chirurgico il problema che l’ha tormentata nella seconda parte della stagione, impedendole di mettere a frutto il grande lavoro fatto per Parigi.

A mettere kappaò la Bongiorni è stata un’infiammazione della plica medio-patellare, una membrana interna alla rotula che si era ipertrofizzata rendendo necessaria la sua rimozione.
Un’operazione di routine che però è divenuta più complessa quando i medici, in sede di intervento, hanno riscontrato la mancanza di cartilagine in un punto del femore e le hanno applicato dei microfori per incentivarne la rigenerazione con il sanguinamento. “Questo tentativo non è andato del tutto a buon fine e in futuro dovrò fare delle infiltrazioni di acido ialuronico e cellule staminali” sottolinea Anna.

Come sta procedendo il recupero?
“Ho iniziato da pochi giorni a camminare senza zoppicare. Sto facendo la riabilitazione in piscina, ma prima di tornare a correre passeranno almeno un paio di settimane. Tra due, ho un nuovo controllo dall’ortopedico”.

Hai affrontato un’Olimpiade in condizioni davvero precarie.
“Il calvario è cominciato dopo i campionati italiani di La Spezia e la vittoria del titolo nei 200 metri. Luglio è stato un mese infernale. Ho tenuto botta come potevo ma ho convissuto con la paura di non poter nemmeno partire per la Francia. A Parigi zoppicavo. Ho dovuto fare un’infiltrazione di cortisone e poi correre sotto anestetico. Mi dispiace di non essere stata nelle condizioni di provare a fare qualcosa di buono (per lei un modesto 23″49 in batteria, ndr). Era un’ottima occasione, c’era una bella pista e non avevo niente da perdere”.

Anna Bongiorni


Non devono essere state giornate facili.
“A differenza di Tokyo, quei giorni lì li ho vissuti molto male. Solo con il passare delle settimane, guardandomi indietro, posso dire che si è trattata di un’esperienza che mi porterò dietro per sempre. Dopotutto nello sport, come nella vita, si cade e ci si deve rialzare”.

Però la stagione sembrava essersi messa abbastanza bene.
“Stavo correndo forte, tutto stava procedendo secondo i piani. Avevo deciso di puntare più sui 200 metri in chiave Olimpiadi, perché sapevo di avere più chance per qualificarmi mantenendo una certa costanza di prestazioni, che è poi il mio punto di forza. Ero riuscita a stabilire il mio personale (23″10, ndr), arrivando non molto lontana dall’obiettivo della barriera dei 23″ che mi ero prefissata all’inizio della stagione. L’unico neo era stato un problemino accusato alle Bahamas, nella batteria dei mondiali di staffetta, e in quell’occasione ho fatto un passo indietro lasciando spazio a Irene Siragusa perché mai avrei voluto condizionare in negativo il pass olimpico della squadra italiana”.

Per la staffetta, dopo il record italiano di Budapest, non è stato un anno fortunato.
“Abbiamo risentito dei tanti infortuni, in particolare quello di Dalia Kaddari. Il grande rammarico è quello di non aver ripetuto la medaglia europea di Monaco 2022 a Roma. Anche solo il tempo fatto ai mondiali di staffetta ci avrebbe consentito di andare in finale e giocarcela”.

In questo periodo di stop forzato ti stai dedicando alla nuova attività lavorativa. Raccontaci come sta andando.
“Il mio sogno era quello di specializzarmi in Pediatria, poi una serie di fattori mi hanno fatto propendere per Medicina dello Sport. E’ una specializzazione un po’ meno impegnativa dal punto di vista dei turni in ottica allenamenti e per la verità, dopo tanti anni di agonismo, mi sembrava uno spreco non portare in corsia l’esperienza accumulata e vissuta in prima persona”.


Per fare il medico hai dovuto lasciare il tuo gruppo sportivo militare.
“Il 31 ottobre sono uscita dai Carabinieri, un po’ a malincuore perché dopo tanti anni mi ero affezionata. Avendo un contratto con il Servizio Sanitario Nazionale, l’appartenenza all’Arma non è più compatibile. Ma è stata una decisione che prima o poi avrei dovuto prendere e dunque ci sono arrivata preparata e serena. Continuerò a gareggiare con i colori del Cus Pisa”.

Quindi ti rivedremo presto in pista: ma con che spirito e obiettivi?
“Il mio primo pensiero è quello di allenarmi per gareggiare ad alto livello. Se i tempi non dovessero essere soddisfacenti, allora lascerò perdere… Mi piacerebbe fare anche qualcosa di diverso e pormi altri obiettivi, ad esempio i 400 metri, dove il mio personale risale a quando ero una junior (56″03, correva l’anno 2012). Adesso devo recuperare dall’infortunio e valutare il nuovo approccio all’atletica, le motivazioni che avrò e quanto e se inciderà la stanchezza del lavoro”.

Lavorerai direttamente per la primavera 2025?
“Non escludo niente. Nella mia testa per la verità c’erano anche le indoor. Ma non avevo ancora considerato le complicanze dell’intervento e il recupero più lungo del previsto”.

Se tutto va come deve andare potremmo allora rivederti anche nella 4×100?
“Mi piacerebbe essere ancora a disposizione del prof. Di Mulo con il quale parlerò sicuramente nelle prossime settimane. Bisogna fare una serie di considerazioni, perché la staffetta richiede impegno anche per quanto riguarda la presenza ai vari raduni e dovrò vedere come tutto questo potrà conciliarsi con il lavoro”.

Foto Grana / Fidal

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