Continua ad animare il dibattito il cambio di guida tecnica di Marcell Jacobs, che dopo aver lasciato Paolo Camossi ha deciso di trasferirsi negli Usa alla corte di Rana Reider, coach di diversi sprinter di alto livello tra i quali De Grasse, Bracy (in procinto di separarsi da lui) e Bromell, oltre ad avere avuto in passato sotto la sua custodia il lunghista Christian Taylor e la sprinter olandese Dafne Schippers, che proprio ieri ha annunciato la fine della carriera.
In pochi si aspettavano infatti una sterzata così netta da parte del campione olimpico, che andrà via lontano dalla sua Desenzano e dovrà inserirsi in un gruppo di atleti che non gli consentirà di replicare un rapporto one-to-one con l’allenatore.
Chi pensa che la scelta di Jacobs sia una grande scommessa, senza però perdere fiducia nelle grandi capacità di adattamento del campione, è Manuela Levorato, che con 11″14 – sebbene da quest’anno in coabitazione con Zaynab Dosso – è ancora la primatista italiana dei 100 metri.
“Sono una grande tifosa di Marcell e ne ho sempre ammirato il grande coraggio – spiega Manuela – E’ uno che gareggia anche quando non sta bene e ci mette sempre la faccia. Il divorzio con Camossi era nell’aria ma mi ha stupito il fatto che esca così tanto dalla sua comfort zone. Sta facendo un salto enorme e dei punti di domanda ci sono. Perché la sua vita verrà stravolta e alle Olimpiadi mancano ormai 10 mesi”.
Sul divorzio da Camossi deve aver inciso la lunga sequela di infortuni che ne hanno condizionato il rendimento negli ultimi due anni.
“Quando un atleta si fa male di continuo, nel suo cervello entrano dei meccanismi particolari. Sicuramente lui avrà pensato di star facendo cose che non andavano bene e allora è inevitabile che il rapporto di fiducia con il tecnico si indebolisca. Dispiace tanto anche per Paolo. Ha fatto benissimo in questi anni e per Jacobs ha rappresentato anche una figura paterna”.
Jacobs in Florida si allenerà con diversi campioni. Un vantaggio o uno svantaggio?
“Reider ne ha tanti e di sicuro Jacobs era abituato ad avere la guida tecnica 24 ore su 24 al suo fianco. Di sicuro negli Usa non sarà così. Poi bisogna analizzare anche i risultati degli atleti allenati dal coach americano. Perché Bromell e Bracy non è che siano state schegge ultimamente, mentre al contrario De Grasse, che era sparito dai radar, si è ritrovato in questa stagione proprio tornando con Reider”.
Hai detto che non ti aspettavi questo salto nel buio: pensavi che avrebbe potuto scegliere Padova, come si era paventato?
“Sì, pensavo che avrebbe scelto Airale. E poi qui, considerate le esigenze del suo fisico, avrebbe avuto a disposizione le migliori strutture per tutte le indagini come risonanze ed ecografie, e in tempi rapidissimi. Noi siamo bravissimi in questo campo, oltre che veloci”.
Dunque la scelta di andare all’estero non ti convince del tutto…
“Io non ho mai trovato un atleta che sia andato fuori e abbia trovato la situazione ottimale oppure ottenuto i risultati che si aspettava. Lì sei un numero, per questo motivo ho dei dubbi. Anche io ho provato a girare, ma ho sempre trovato le condizioni ideali a casa mia. Ma auguro a Marcell il meglio”.
Magari a fare la differenza sono stati gli interessi extra-pista, come lo sponsor Puma.
“Sì, penso che sia stato un fattore. E non sappiamo cosa Reider, parlando a quattrocchi, gli abbia promesso. E’ anche vero però che nell’anno olimpico non credo che fossero molti gli allenatori italiani che l’avrebbero voluto con sé”.
Spiegati meglio.
“Che prendere un campione olimpico nell’anno olimpico e ricominciare daccapo con così poco tempo a disposizione, è una responsabilità enorme. Peccato, perché i nostri tecnici e le loro metodologie sono molto valide”.
Marcell ha posto spesso l’accento su un gruppo di cui far parte.
“Penso che avrebbe voluto un gruppo che ruotasse attorno a lui, un po’ come quello che si è costruita negli anni Federica Pellegrini, in modo tale da essere sorretto e stimolato nei momenti di difficoltà . Penso che a Roma non sia riuscito a costruirne uno e che si sentisse un po’ solo. Magari nella sua testa è scattato qualcosa che non conosciamo, può darsi abbia sentito il bisogno proprio di staccare dall’ambiente italiano”.
Torniamo al punto di partenza: serve coraggio per mollare tutto e andare dall’altra parte del mondo.
“Ripeto, a lui non manca. Sta facendo una grossa scommessa. E conoscendolo, non è detto che non la vinca. Anzi. E’ uno che ci ha sempre riservato delle grandi sorprese. Ho tanta fiducia nell’atleta Jacobs. Ha qualità enormi, deve solo stare in piedi senza il tormento degli infortuni”.
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