Il caso Abdelwahed: gli studi del prof. Salomone sulla biotrasformazione della lisina contenuta nell’integratore

Da ieri pomeriggio è ufficiale la squalifica per quattro anni di Ahmed Abdelwahed, uno dei nostri azzurri di punta nei 3000 siepi.
Come ormai tutti sanno, Ahmed era stato trovato positivo il 19 agosto dello scorso anno durante un test antidoping alle urine effettuato durante gli Europei di Monaco di Baviera in cui fu capace di conquistare la medaglia d’argento, ora revocata e in procinto di passare nelle mani di Osama Zoghlami, l’allievo di Gaspare Polizzi che in quella gara giunse terzo al traguardo.

La vicenda di Abdelwahed, lo abbiamo detto più volte e lo testimonia la stessa sentenza arrivata dopo 15 mesi, è abbastanza anomala: l’allievo di Roberto Scalla si è sempre dichiarato innocente ed estraneo al meldonium, la sostanza riscontrata nel campione analizzato presso i laboratori di Colonia accreditati Wada.

Il prof. Alberto Salomone.


Il mezzofondista ha provato a difendere la propria posizione raccogliendo prove contenute in un fascicolo di cui siamo in possesso e che ha coinvolto diverse figure esperte nel mondo della scienza, tra cui spicca Alberto Salomone, professore associato presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Torino, consulente per la Tossicologia Forense presso il Centro Regionale Antidoping e di Tossicologia “Alessandro Bertinaria” di Orbassano, nonché presidente dell’European Workplace Drug Testing Society (“EWDTS”).

Nella sua relazione, Salomone ribadisce innanzitutto che il Meldonium (peraltro riscontrato in quantità millesimali, 155 ng/ml, tali da dimostrare contaminazione e non utilizzo al fine di migliorare le prestazioni) rimane nelle urine di chi lo assume per diversi mesi e ciò appare incompatibile con le analisi negative effettuate pochi giorni dopo da Ahmed in Italia.

A tal proposito, Salomone ha sperimentato inizialmente su dieci volontari la somministrazione di dosi di 500 mg di meldonium, riscontrando la persistenza del farmaco per almeno i 90 giorni successivi. E ciò che più conta, quantità superiori a 1000 ng/ml almeno fino a 77 giorni dall’utilizzo.


Un successivo esperimento riservato a 32 volontari sottoposti a 21 giorni di trattamento col meldonium ha dimostrato inoltre che dopo oltre 5 mesi le concentrazioni sulle urine oscillano tra 250 e 440 ng/ml.

Analizzato quel che accade con il meldonium all’interno del corpo umano, Salomone si è poi dedicato a capire cosa possa essere successo ad Abdelwahed, peraltro negativo a un test antidoping del 30 luglio e quindi soggetto alla contaminazione nel periodo intercorso tra il 30 luglio e il 19 agosto.

Secondo Salomone, se Ahmed avesse assunto in quella finestra di 20 giorni anche una singola dose di meldonium (e non si capirebbe il motivo) la concentrazione riscontrata nelle urine sarebbe stata ben più alta di 155 ng/ml.

Salomone ha quindi ricevuto in consegna tutte le sostanze assunte da Abdelwahed nel periodo incriminato, tra farmaci e integratori alimentari regolarmente disponibili in commercio e assolutamente legali. In uno di questi, il prof. avrebbe riscontrato una biotrasformazione di una molecola, la lisina, in meldonium.

L’Aiu ha contestato alla difesa il non utilizzo di un centro, macchinari e metodi certificati Wada. L’entourage di Abdelwahed in realtà aveva chiesto di analizzare l’urina dopo l’uso di tale prodotto a Colonia o in un altro centro Wada, ma ciò è stato negato. Ed è su questa richiesta non evasa e gli eventuali sviluppi che Abdelwahed si giocherà la partita al Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna.

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