Non gareggiava da nove mesi, dai mondiali di Budapest dell’anno scorso. Sceso in pista al Golden Spike di Ostrava, il 28 maggio, ha chiuso il giro di pista con barriere in 48”25, a soli 32 centesimi dal personale siglato durante la finale olimpica di Tokyo 2020. Un tempo con cui si presenterà agli Europei di Roma di settimana prossima dietro solo al detentore del record mondiale sui 400 ostacoli, Karsten Warholm: Alessandro Sibilio, 25 anni, gli ultimi due passati a convivere con fastidi e piccoli infortuni, è pronto per gli appuntamenti importanti della stagione.
Partiamo da questo 48”25 di Ostrava: te lo aspettavi?
“Nì, più no che sì. Sapevo di valere un tempo sotto i 49” perché avevo fatto delle prove in allenamento che facevano ben sperare, ma non mi ero immaginato un tempo così basso perché non gareggiavo da tanti mesi. Per fortuna è andata bene la prima e arriviamo a Roma con un’altra convinzione rispetto a quella di prima”.
Finora non avevi gareggiato per recupero da infortuni?
“Più che altro fastidi che si sono messi uno dietro all’altro e non mi hanno lasciato in pace. A malincuore ho dovuto rinunciare al meeting di Savona, che è una gara a cui tengo tantissimo, ma in quel momento non sapevo ancora come stavo fisicamente, per cui ci siamo presi altre due settimane per avere più certezze. Non siamo mai stati fermi del tutto, spesso ho alternato i lavori in pista con la piscina che mi ha salvato dai momenti di stop totale, i peggiori”.
Nel 2022 hai subito una lesione al retto femorale durante la finale assoluta dei 400 piani a Rieti. Da allora non ti manca correre in pista senza avere problemi? La sensazione è che tu sia un grande talento, forse un po’ fragile.
“Quell’infortunio è una cosa con cui ho capito di dover convivere ancora adesso. Da allora non sono più lo stesso atleta. Parliamo di un muscolo importante, sulla parte davanti della coscia, e di una cicatrice enorme, le mie gambe saranno per forza sempre diverse. Credo che i piccoli impedimenti che ho avuto in questi ultimi anni siano di stabilità, nel senso che il mio corpo deve trovare un suo nuovo equilibrio, ma non ho avuto problemi muscolari. La cosa peggiore che ho patito è stato un ingrossamento del tendine d’Achille, ma che non sappiamo a cosa fosse dovuto, forse a corsa su suolo stradale un po’ troppo duro. A marzo ho avuto un leggero risentimento muscolare, ma niente di grave. Sicuramente qualche fragilità c’è”.
La soffri mentalmente questa situazione?
“Non è facile, la mente ogni tanto risale ai periodi in cui ero più libero. A volte è quasi meglio fermarsi a lungo per poter ripartire dopo qualche mese, gli alti e i bassi sono pesanti. Ma facciamo uno sport che ci obbliga a portare il corpo al limite, per cui è inevitabile dover fare i conti anche con gli infortuni”.
Il cambio di ritmica può essere stato motivo di stress?
“Sicuramente non così tanto da provocare un infortunio. Ostrava era la prima gara con una ritmica un po’ nuova, per questo quel 48”25 è importante. Fino al quinto ostacolo sono andato bene e ho pensato alla mia gara, al sesto, che ancora valico con la gamba destra, ero leggermente indietro, e questo è migliorabile. Poi da lì ho cambiato gamba fino all’ottavo, passando da 13 a 14 passi, e anche qui qualcosa si può sicuramente fare meglio, perché la sinistra non è la gamba con cui attacco. Sul finale chiudo a 15 passi, quindi torno a fare gli ultimi due ostacoli con la destra come prima gamba. Non è facile fare due cambi ma è la stessa ritmica che avevo a Tokyo, solo che con 13 passi adesso faccio un ostacolo in più”.
Come ci si prepara per una gara così?
“Per assimilare al meglio la ritmica si lavora sugli stessi passi che si fanno in gara ma a una distanza più breve, così il cervello comincia ad abituarsi e a memorizzare con quale gamba si eseguono i valicamenti. Più ci si avvicina le gare, più si allunga la distanza tra le barriere. Io, per esempio, per una settimana faccio solo dal primo al quinto ostacolo e poi inizio ad allungare fino ad arrivare a otto ostacoli. Non sempre in gara si riesce a dimostrare quanto fatto in allenamento, durante la competizione ci sono mille altre cose a cui pensare. Però sbagliare la ritmica può portare a un risultato davvero molto diverso da quello che ci si aspetta”.
Adesso vai diretto agli Europei. Poi, campionati italiani e Olimpiadi di Parigi?
“Vorrei tornare a fare gli italiani perché è da due anni che non li faccio, e sono un importante obiettivo per valutare la salute fisica. Prima degli assoluti non gareggerò e poi sicuramente c’è qualcosa in programma, ma per ora niente di confermato, bisogna vedere come va, alla fine tra gli italiani e Parigi ci passa un mese”.
Come ci si allena a Napoli?
“Ogni tanto vorrei un aiuto maggiore per le logistiche, però non posso lamentarmi, perché le piste sono nuove. Potremmo fare di più anche per attirare più appassionati. Poi molto spesso sono a Formia, che è la mia seconda casa. Lì ci incontriamo con Fabrizio Mori per i controlli tecnici. Ma il resto dell’anno sono qui a Napoli: non è che non mi piace stare fuori, ma preferisco la mia quotidianità”.
E Fabrizio Mori cosa dice all’Alessandro Sibilio di oggi?
“Tanti segreti che non si possono svelare… (ride, ndr). Posso dire che ormai Fabrizio è parte del nostro team. Mi dà delle cose in più che sono quelle che non potrebbe darmi nessun altro: mi parla da atleta, condividiamo le sensazioni delle gare importanti. Anche lui ha avuto degli infortuni, sento che mi capisce. E poi ha un grande rapporto con il mio allenatore, Gianpaolo Ciappa”.
È da tanti anni che ti alleni con Gianpaolo, non hai mai pensato di cambiare?
“Pensato no, mai. Anche se ci sono stati dei brutti momenti che ci hanno portato al confronto, quando si valuta se si può continuare o no. Ma sono sempre stati momenti che ci hanno avvicinato. Non sono solo io a soffrire quando le cose non vanno, l’allenatore forse soffre ancora di più perché vive qualcosa che non può controllare. Non è sempre colpa degli allenatori quando un atleta si fa male. Io e lui stiamo bene. E poi a livello di preparazione mi fa sempre arrivare in forma alle gare importanti, anche dopo periodi lunghi senza gare. Se arrivo sempre pronto è merito suo”.
C’è qualcosa che non sappiamo di Alessandro Sibilio che vuoi raccontarci?
“Tifo tantissimo il Napoli, ma credo che ormai lo sappiano già tutti. Noi napoletani siamo molto legati alla nostra città. Chi se ne va lo fa per qualcosa di importante, ma poi si torna sempre, la sensazione di benessere che c’è qui non la trovi fuori”.
E il tatuaggio che hai mostrato durante la diretta a Ostrava?
“Quello ha un significato molto importante per me, magari più avanti se avrò voglia lo condividerò, ma per ora non mi va”.
Come gruppo sportivo fai parte delle Fiamme Gialle, ma la tua società civile è l’Atletica Riccardi, a Milano, come ci sei arrivato?
“Grazie al legame personale che c’è tra il presidente, Sergio Tammaro, e il mio tecnico. Oltre ai suoi figli, (Paolo, specialista dei 3000 siepi, e Francesco, marciatore, ndr) ha portato tanti altri atleti in Riccardi e io ho subito voluto entrare nella società dopo i primi buoni risultati da allievo. Ho avuto una buonissima impressione dopo aver conosciuto il presidente e adesso a distanza di anni devo dire che è stata un’ottima scelta, anche per tutto quello che ha fatto per noi. La Riccardi ci ha comprato 12 ostacoli, più leggeri rispetto a quelli di gara, che uso ogni giorno ad allenamento. Per me sono stati una salvezza in questi anni, e devo solo ringraziare Sergio”.
Con gli ostacoli è stato amore a prima vista per Alessandro Sibilio?
“Mah, amore è un parolone. Diciamo che c’è una buona convivenza, senza amore. È una specialità molto crudele, impegnativa. Bisogna prima fare una preparazione sui 400 piani e poi la ritmica è lunga e molto importante rispetto agli ostacoli alti. Però pian piano credo di essere riuscito a domarla, gli ostacoli hanno bisogno di esperienza per essere affrontati”.
foto d’apertura Golden Spike Ostrava