Anna Bongiorni: “Il mondo corre veloce, ma se capita l’occasione, noi ci siamo”

Una piccola influenza impedirà ad Anna Bongiorni di prendere parte stasera al Palio Città della Quercia a Rovereto.
La stagione della pisana, 30 anni il prossimo 15 settembre, si chiude di fatto qui. A pochi giorni dalla soddisfazione immensa di guidare la staffetta 4×100 femminile all’ennesimo record italiano stampato insieme a Zaynab Dosso, Dalia Kaddari e Alessia Pavese, prima dell’onorevole quarto posto in finale.

Anna Bongiorni, Carabiniere che dal 2019 è anche dottoressa in Medicina, è allenata da papà Giovanni e a Rieti da Roberto Bonomi, oltre ad appoggiarsi per gli aspetti legati alla preparazione al San Rossore Sport Village.

Anna è attualmente la veterana della velocità azzurra, la fotografia della determinazione, di chi non si arrende e sa stupire. La leader di un gruppo che sta regalando una soddisfazione dopo l’altra all’atletica italiana.

Anna, partiamo da questo nuovo record italiano.
“Un risultato inaspettato. Mi aspettavo di abbassare ancora il primato, nonostante le staffette di Firenze al Golden Gala e di Chorzow in Coppa Europa non abbiano rispecchiato l’immenso lavoro fatto con le ragazze, il prof. Di Mulo e Giorgio Frinolli. Ma non mi aspettavo di scendere di così tanti centesimi”.

Cosa prevedevate?
“Considerate le potenzialità individuali, il prof. Di Mulo ci aveva detto che un 42″50 o 42″60 sarebbe stato alla nostra portata. E che con quel tempo saremmo entrate in finale”.


Invece è venuto fuori lo stratosferico 42″14.
“Mi avete vista tutti in tv. Sono rimasta esterrefatta. E di staffette ne ho fatte tante in questi anni… C’ero 4 anni fa, per il 42″98, c’ero per il 42″90 e quelli a seguire. Abbiamo sempre aggiornato di un decimo il record italiano, fino al 42″71 di Eugene. Il miglioramento è fisiologico e prima o poi sarebbe arrivato, ma non credevo di poterci arrivare io che ho quasi 30 anni. E’ stata una gioia infinita. Con quel crono, tante squadre hanno vinto gli europei e con un po’ di fortuna anche medaglie mondiali”.

E quindi?
“Quindi, dopo il bronzo agli europei di Monaco, pensavo che sarebbe stato impossibile avvicinare il podio a livello iridato. Invece sappiamo che si può fare, non è così assurdo farci un pensierino. E’ chiaro che il mondo corre sempre più veloce di noi e deve sempre capitare che qualche staffetta salti. Ma se capita l’occasione, noi ci siamo”.

Nessun rammarico allora per il 4° posto di Budapest?
“E’ sempre un peccato arrivare quarti, ma non ho mai pensato a ciò che non è successo. Pensiamo invece che siamo quarte al mondo, con una formazione che rispetto alle altre ha solo due semifinaliste (Dosso nei 100 e Kaddari nei 200). Siamo andate fortissimo, il gioco di squadra è stato eccezionale”.

Il segreto sta nei cambi?
“Le staffette sono sempre delicate. Sappiamo che ci sono squadre che non li provano, come gli Stati Uniti che sistematicamente combinano qualche pasticcio ma poi si salvano con la qualità dei loro fuoriclasse. Noi proviamo tanto ed è per questo che mi è dispiaciuto tantissimo l’errore commesso a Chorzow”.



A proposito della Coppa Europa, dopo quel cambio sbagliato tra te e Dalia, hai detto in diretta televisiva di sentirti mortificata.
“Perché mi dispiace che si possa mettere in dubbio la nostra preparazione durante i raduni. Noi proviamo tanto e sappiamo che in gara si cambia in momenti concitati. In Coppa Europa, sentivamo più la pressione di dover portare punti importanti all’Italia, magari al mondiale eravamo più tranquille perché non avevamo nulla da perdere. Detto ciò, gli errori servono a non essere più ripetuti. Con il prof. abbiamo analizzato il video e sappiamo che dovremo “accompagnare” di più senza lasciare il testimone prima di una certa pressione sulla mano. E c’è un altro errore che mi è stato utilissimo in passato”.

Prego.
“Ai mondiali di staffetta alle Bahamas, ci giocavamo la qualificazione ai mondiali di Londra 2017. Sono scivolata in partenza e per non cadere ho fatto invasione di corsia. Squalifica immediata e niente Londra per tutte noi. Ecco, non ho mai più invaso una corsia da quel giorno”.

D’ora in avanti si può pensare a un’Italia sul podio di un mondiale o alle Olimpiadi?
“Andiamoci piano. Siamo brave nei cambi, ma non siamo le più veloci. Non arriveremo mai ai livelli di Usa e Giamaica, bisogna essere realisti. Almeno per il momento. Il discorso potrebbe cambiare soltanto se avremo in futuro una o due atlete in grado di scendere sotto gli 11 secondi. Finché non ce l’abbiamo, possiamo lottare per un podio, sempre con una buona dose di fortuna come ho spiegato prima”.



Il presidente Stefano Mei, dopo i successi delle staffette azzurre, ha cominciato a parlare di metodo italiano o metodo Di Mulo. Tu che lo vivi da dentro, cosa ci puoi dire?
“Il prof gestisce un database enorme con i dati di tutti gli atleti. Per ciascuno di noi, ha una scheda personale dove vengono registrati i minimi dettagli, come gli errori, il tempo di partenza, la media di accelerazione sui 30 metri ecc. Il suo è un modello scientifico, che spesso si basa sulla probabilità. Le sue scelte sono dettate dall’affidabilità dei dati e su chi può sbagliare meno, ma chiaramente anche dalla disponibilità che riceve dagli atleti. E anche quando ha compiuto scelte opinabili, i risultati gli hanno dato ragione”.

Avresti dovuto correre stasera a Rovereto. E invece…
“Mi sarebbe piaciuto disputare almeno un ultimo 100, ma ho preso una brutta influenza lunedì, con mal di gola e raffreddore, e ho preferito restare a casa. Peccato, perché l’anno scorso, dopo Monaco, ero stanchissima, invece quest’anno mi sentivo bene e avrei gareggiato volentieri, anche per mettere da parte qualche primo punticino per il ranking del prossimo anno”.

A breve compirai 30 anni. E’ ancora pensabile che tu possa correre sui livelli del record italiano dei 100, magari avvicinandoti a quello che sta facendo Zaynab Dosso?
“Dopo tanti anni di gare e allenamenti, non continuerei se non avessi questo tipo di stimoli per andare avanti. Il pensiero di fare il personale sia nei 100 che nei 200 è vivo ed è uno degli obiettivi per il 2024. Soprattutto, prima di chiudere la carriera, mi piacerebbe abbattere il muro dei 23” nei 200. Non credo che l’età rappresenti un limite. Tante atlete l’hanno dimostrato, come Lalova-Collio che il personale sui 200 l’ha fatto a 35 anni. O come le mamme che tornano dopo la maternità e vanno ancora forte. Penso che se hai tanto a lavoro alle spalle, niente sia precluso”.

E il dopo atletica, per la dottoressa Bongiorni, sarà sempre “in corsia”?
“Mi piacerebbe quanto prima iniziare la Specializzazione: non ho ancora deciso in quale indirizzo. L’idea iniziale era Pediatria, ma ultimamente sto pensando anche a Medicina dello Sport per restare nell’ambiente. Di sicuro mi aspetta un futuro da medico”.

Foto Grana / Fidal

Potrebbe interessarti anche...

Gli articoli di questo autore

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *