Con la medaglia d’argento conquistata nel salto in alto, Matteo Sioli ha raccolto il risultato più prestigioso della spedizione azzurra ai mondiali under 20 di Lima. L’allievo di Felice Delaini all’Euroatletica 2002, con il personale di 2,23, è stato protagonista di una gara entusiasmante, cominciata con sei misure saltate al primo tentativo. Il secondo posto è anche un piazzamento storico per l’atletica lombarda: nella rassegna iridata under 20 solo Virna De Angeli nel 1994 e Filippo Tortu nel 2016 avevano saputo fare lo stesso.
La crescita di Matteo Sioli quest’anno è stata notevole, se si pensa che nel 2023 il suo personale realizzato agli europei di Gerusalemme era di 2,15. La stagione dell’atleta di Paderno Dugnano, accolto come una star dagli amici e dai compagni di società all’aeroporto di Milano, non è ancora finita. Giusto il tempo di smaltire il jet lag e di tornare in pedana per una serata che ha sognato a lungo.
Lunedì infatti sarà in gara al Galà dei Castelli di Bellinzona, per la prima volta fianco a fianco con l’idolo Gianmarco Tamberi, di cui spera di poter essere degno erede tra un paio di anni: “Non vedo l’ora – ammette Matteo Sioli, 19 anni il prossimo 1° ottobre – lo seguo tantissimo e mi ha fatto piacere ricevere i suoi complimenti dopo l’argento mondiale”.
Matteo, il 2,23 saltato in Perù era il tuo obiettivo stagionale a livello di misure?
“Per il 2024 mi ero posto i 2 metri e 25. Misura difficile ma non impossibile. La stagione però non è ancora finita, ci sono altri due appuntamenti fino ai Cds. La mia condizione è molto buona, sono riuscito a saltare veramente tanto in allenamento. Anche se per Bellinzona devo smaltire un mezzo fastidio alla caviglia”.
Com’è stata l’esperienza di Lima?
“Mi sono divertito, l’atmosfera della gara è stata fantastica. Credo che senza il tifo della squadra azzurra, non sarei riuscito a prendere la medaglia. Mi ha dato una carica speciale”.
Cosa cambia con un argento mondiale al collo?
“Si aprono le possibilità di partecipare a gare più importanti. Per il resto mi aspetto dei cambiamenti nel corso del tempo, adesso devo continuare a fare il mio percorso senza assilli”.
In base alla prestazione sfoderata in finale, si evince come tu sia riuscito a preparare nel migliore dei modi l’appuntamento clou della stagione.
“E’ dall’inizio dell’anno che io e il mio allenatore preparavamo questa gara. Il problema, semmai, era quello di tenere la condizione. C’è stato un piccolo e fisiologico calo a inizio giugno, quando ho mollato un attimo mentalmente per concentrarmi sugli esami di maturità (si è diplomato all’Alberghiero di Carate Brianza, ndr). Ma già ai tricolori di Rieti eravamo in risalita”.
Sappiamo che non sei ancora soddisfatto dei tuoi salti dal punto di vista tecnico.
“Il mio salto non è ancora bello come vorrei. C’è tanto lavoro da fare, adesso sono concentrato sugli ultimi appoggi e sulla fase di volo sopra l’asticella quando mi inarco”.
Ricordi la prima vittoria?
“A Bovisio Masciago, da Ragazzo di primo anno. La classica prima volta in cui sei più bravo dei tuoi compagni e decidi di andare avanti in quella specialità. Saltai 1,40, che non è tantissimo. Ma da lì in avanti, le misure aumentavano. In quel meeting anche Edoardo Stronati ha vinto la sua prima gara in carriera. Con lui ci sentiamo spesso”.
Erika Saraceni ci ha raccontato di aver vissuto parecchi momenti insieme a te durante i mondiali di Lima. Siete riusciti a darvi una carica speciale, considerando com’è andata a finire.
“Siamo molto amici e dopo le qualificazioni, dove lei è arrivata in finale con la seconda misura e io con la prima, abbiamo capito che potevamo fare tanto. Vi svelo un piccolo aneddoto: prima della finale, in call room, ho attaccato due pezzi di scotch sulla tuta da riscaldamento. Dopo la medaglia, li ho passati a Erika, in modo che li mettesse sulla sua tuta. E’ andata bene, hanno portato fortuna”.