Ai campionati italiani di Molfetta, poco dopo il 21,80 che gli era valso il titolo tricolore nel lancio del peso, Leonardo Fabbri aveva dichiarato di valere molto di più di quella misura, persino un altro metro.
Sembrava che l’avesse sparata grossa, ma aveva ragione il fiorentino di Bagno a Ripoli, capace di scagliare il suo peso per la prima volta in carriera ben oltre i 22 metri. Il 22,34 estratto dal cilindro al terzo lancio della finale mondiale, vale per il 26enne una splendida medaglia d’argento, alle spalle dell’alieno Ryan Crouser, che al sesto e ultimo lancio, con l’oro già al collo, è andato a soli cinque centimetri dal suo primato del mondo, vincendo la gara di Budapest con 23,51.
Il secondo posto di Fabbri, allievo di Paolo Dal Soglio, è veramente un’impresa, non fosse altro perché è la seconda misura nazionale di sempre e la quinta europea. Solo una volta il peso azzurro era salito sul podio ai mondiali: era accaduto ad Alessandro Andrei, secondo nell’edizione casalinga di Roma 1987.
La settimana scorsa avevamo sentito Leo. Ci aveva detto di sentirsi in forma, di aver disputato una grande stagione – che lo ha visto quasi sempre protagonista ai meeting – ma che mancava ancora quel guizzo per superare quota 22 per la prima volta in carriera. Per le medaglie, però, avrebbe avuto bisogno di fare la gara della vita. E gara della vita è stata.
Per capire le potenzialità di Leo, nonché la maturità raggiunta, basta soffermarsi sul lancio successivo a quello che gli ha dato il podio. Un (ahinoi) nullo da quasi 23 metri, che ha fatto disperare non poco il toscano, finito comunque davanti a Kovacs (medaglia di bronzo con 22,12) e Walsh (22,05).
E pensare che il ragazzone dell’Aeronautica aveva ottenuto l’accesso alla finale con il brivido, grazie al 20,74 che gli era valso la dodicesima e ultima misura disponibile.
“L’ho sognato da una vita – ha spiegato Fabbri nel post-gara – poi tante volte mi sono svegliato, ma ora quel giorno è arrivato. Sono contentissimo, lo dedico al mio allenatore Paolo Dal Soglio che mi è stato sempre vicino anche nei momenti meno facili. Non sono mai stato così bene, mi dispiace di aver fatto un solo lancio a 22 metri, ma credo di valere misure anche superiori e oggi l’ho dimostrato”.
La finale ha invece respinto bruscamente, e anche a sorpresa dopo quello che era riuscito a fare nella qualificazione del mattino, Zane Weir. L’italo-sudafricano non ha mai trovato il ritmo, finendo fuori dai primi sei nei primi tre lanci, con due nulli e un 19,99 che non rende giustizia al campione europeo indoor in carica.
Foto Grana / Fidal