A Samarate, in un piccolo paese della provincia di Varese, i fratelli Angelo e Stefania Brogioli resistono alla spietata concorrenza del web con lo storico negozio sportivo specializzato nell’atletica. Brogioli Sport, che ogni giorno fornisce agli atleti i migliori materiali per migliorare le prestazioni, quest’anno festeggia 40 anni di attività, continuando a rappresentare il punto di riferimento per il territorio e per diversi professionisti del settore.
Una sorta di porto sicuro, grazie alla capacità di saper consigliare gli utenti, di costruire un rapporto di fiducia che dura nel tempo, di creare una rete di relazioni che spinge diversi atleti fuori regione a recarsi fisicamente nel loro store.
Le offerte e i grandi numeri delle catene concorrenti hanno provocato in Lombardia e non solo la sparizione di una buona parte dei negozi a conduzione familiare legati al mondo dello sport. Brogioli Sport, nonostante le difficoltà, è ancora sulla breccia. E non rinuncia alla modernità e al digitale, come dimostra l’e-commerce online da qualche anno.
Dagli anni Ottanta a oggi: un mercato profondamente cambiato
Angelo è un ex sprinter. Negli anni Ottanta correva nella Snam di Milano, team in cui militava Gennaro Di Napoli, fino all’anno scorso detentore del primato italiano dei 1500 metri. “Ero un ragazzo esplosivo, andavo forte sui 60 metri ma ai tempi l’atletica indoor praticamente non esisteva” sottolinea Angelo, che nei 100 metri ha chiuso la carriera con un personale di 10”8 con rilevazione semielettrica.
“Il negozio l’ho aperto subito dopo il diploma. Inizialmente mi sono sistemato accanto alla ferramenta di mio padre, poi quando lui è andato in pensione, mi sono trasferito nel magazzino più grande. Il mondo delle calzature era completamente diverso rispetto a quello attuale. La Nike in Europa non si conosceva, così come la metà degli altri marchi. C’erano invece diversi brand italiani che riscuotevano successo. Ho avuto fin dal primo giorno Diadora. Ma si vendevano bene anche Valsport e Lotto”.

La Nike fece irruzione, al pari di Reebok, nei primi anni del 1990. E furono subito dominanti. “Negli anni Duemila iniziò invece la specializzazione delle scarpe, ma in Italia l’atletica ebbe un vero e proprio crollo. La ripresa va attribuita al movimento amatoriale che ha cominciato a correre in massa su strada. Molti figli di quei runners oggi sono nei settori giovanili. La fotografia attuale? La super specializzazione, il marketing selvaggio, i mega store. Io per fortuna le scarpe per l’atletica le ho sempre vendute, ma è cambiato tutto”.
A cosa ti riferisci in particolare?
“Le aziende che producono le scarpe hanno ormai i loro canali per promuovere direttamente i loro prodotti. Sono diventati concorrenti rispetto ai negozi. Online, invitano all’acquisto diretto gli utenti attraverso promozioni, sconti e resi. E con la loro politica di massa favoriscono i mega gruppi e chi è in grado di muovere volumi sul web”.
Vale anche per le chiodate?
“Le scarpe di atletica restano un prodotto marginale. Non c’è grande interesse nella loro distribuzione. Non sono redditizie e vengono vendute a chiunque come se fossero un prodotto di massa e non come uno dei prodotti più tecnici che ci sono sul mercato,sminuendo le competenze tecniche dei pochi negozi fisici che le vendono. Di store specializzati nel settore siamo rimasti davvero in pochi”.

Qual è la tipologia di scarpa che i clienti richiedono in negozio?
“Noi trattiamo scarpe per tutte le specialità, corse, salti, lanci, anche se i volumi si fanno con quelle da velocità, anche perché in pochi si dedicano alle altre discipline. Adesso si registra un discreto fermento nei salti ma soprattutto nel mezzofondo. Nella stagione invernale oltre alle scarpe da cross, si lavora con le scarpe multiuso per tutti i giovani atleti che al cambio dell’anno passano alla categoria Cadetti”.
E a livello di brand?
“Al primo posto c’è Adidas e poi Puma con scarpe per tutte le specialità. Dopo New Balance, che stà crescendo con scarpe per le corse. Peccato per Asics che fa scarpe molto valide da salto e da lancio ma non le importa”.
Quali sono gli atleti con cui ultimamente hai avuto a che fare?
“Tanti atleti di tutti i livelli si sono serviti da noi, sia prima di diventare famosi, sia già affermati, specialmente lanciatori e multiplisti, che raramente hanno sponsorizzazioni dirette dalle aziende anche se gareggiano a livello europeo e mondiale”.
A Samarate hai anche una società di atletica.
“E’ la Nuova Atletica Samverga, una scuola che ha l’obiettivo di crescere i giovani di un piccolo bacino a ridosso delle grandi città. Quest’anno possiamo finalmente usufruire di una pista di atletica rinnovata
Come sono i giovani atleti oggi?
“A 14 anni i loro allenamenti somigliano a quelli che io facevo a 24. Ne vedo passare tanti di ragazzini bravi che però col tempo si perdono”.

Come mai secondo te?
“Non c’è un grande coinvolgimento. Ci sono tanti periodi morti senza gare e spesso, fino alla categoria Ragazzi, alle manifestazioni si continua a puntare troppo sull’aspetto goliardico, non tenendo conto della perspicacia delle nuove generazioni. Ma il vero problema arriva più avanti…”.
Cioè?
“Dalla categoria Esordienti a quella Juniores, la percentuale di dispersione è molto alta. E’ che soprattutto ai sedicenni, quando da Allievi cominciano ad andare in giro e fare certe esperienze, non si danno sufficienti motivazioni per continuare a fare atletica. Non si può solo dedicare energie e risorse per quelli più bravi. Questi sono solo una piccola parte, che viene super coinvolta ad alto livello. I più forti cannibalizzano la scena. Partecipano ai raduni nazionali ma anche a quelli regionali e provinciali. Gli altri finiscono un po’ nel dimenticatoio. Bisognerebbe organizzare delle attività anche per chi non è destinato a diventare un campione. Allargare di nuovo la base: i migliori vadano in Nazionale, ma sul territorio sarebbe giusto dare più spazio e importanza agli altri. Questo è il mio modesto pensiero”.