Con lo stupendo sprint del marocchino El Bakkali in faccia all’etiope primatista del mondo Girma i 3000 siepi hanno già emesso da qualche giorno la loro sentenza mondiale. A Budapest, non sono andati oltre le batterie di qualificazione i due rappresentanti azzurri, ovvero i gemelli Osama e Ala Zoghlami.
Sulla distanza, ci sarebbe potuto essere anche un terzo azzurro, Ahmed Abdelwahed, lo scorso anno medaglia d’argento agli europei di Monaco e attualmente sospeso in via cautelare dopo essere stato trovato positivo al meldonium in seguito a un controllo antidoping effettuato dopo quella gara dalla Wada.
Ma come mai Ahmed, a distanza di un anno, non ha ancora ricevuto alcuna squalifica?
La questione è molto controversa. Ricordiamo che l’atleta si è sempre dichiarato totalmente estraneo alla vicenda. “Sono stato sospeso in via cautelare per la presenza di una sostanza di cui non avevo mai sentito parlare – aveva dichiarato sul proprio profilo Instagram Abdelwahed dopo aver appreso la notizia – Ho scoperto per la prima volta l’esistenza del Meldonium quando mi è stato riferito che lo hanno trovato nelle mie analisi. Non ho mai assunto volontariamente questa sostanza quindi sto cercando di capire come mai fosse nelle mie urine”.
Qualcosa, di sicuro, non torna. Abdelwahed, allievo di Roberto Scalla, era stato controllato anche dopo la semifinale europea dei 3000 siepi ed era risultato pulito. Puliti anche i cinque test precedenti, tra luglio e agosto.
E’ possibile che abbia assunto la sostanza proibita solo per la finale?
E se il meldonium – come si vocifera negli ambienti sportivi – fosse stato utilizzato come coprente di altre sostanze, perché proprio questo farmaco dall’emivita piuttosto lungo?
Non si tratterebbe nemmeno di grandi quantità: pochi nanogrammi oltre il consentito, che tradotto in soldoni non sarebbe servito a migliorare le prestazioni in gara.
Avere dei dubbi è lecito, ad esempio sulla modalità di gestione delle provette da parte di un organismo che non sempre, per usare un eufemismo, ha convinto.
Ricordiamo anche che gli europei di atletica facevano parte dell’intera rassegna continentale che coinvolgeva diversi altri sport. In pochi giorni è stato effettuato un numero di test esorbitante. E se fosse stato un errore?
I tempi di questa vicenda, a prescindere da tutto, cominciano ad assumere contorni grotteschi. E spiace constatare come il caso Abdelwahed sia finito nel dimenticatoio, che non se ne sia più parlato, che non abbia avuto pubbliche prese di posizioni da Coni e Fidal, ben più esposte un mese fa quando si è trattato di ridiscutere il caso Schwazer.
L’entourage di Abdelwahed, in tutto questo tempo, ha scelto il silenzio.
Non ci sono state dichiarazioni ufficiali, ma da quanto trapela il suo staff non si è affatto arreso e ha lavorato alacremente per garantire una linea difensiva che possa contestare nelle sedi opportune l’accaduto e far venire a galla quanto prima la verità.
La prima udienza del processo di primo grado al Tribunale della World Athletics dovrebbe tenersi a settembre.
Noi che siamo contro il doping e vogliamo il bene degli atleti ci auguriamo che tutta questa storia possa avere un lieto fine.
Ma a livello di sistema qualcosa deve cambiare. Non si può tenere fermo un anno, senza alcuna certezza, un atleta professionista nel pieno della carriera.
Ahmed, quest’anno, avrebbe corso le Universiadi e probabilmente anche i Mondiali. Invece continua ad allenarsi con la sensazione di sentirsi un ostaggio delle istituzioni. Nel pieno di una situazione che comunque andrà a finire ha pochi precedenti ed è senz’altro paradossale.
Foto d’apertura Epa / Bruna
Foto articolo Fidal