E’ il business, signori. Anche l’atletica si sta avvicinando a ciò che accade in tanti altri sport, ovvero piegarsi alle leggi del mercato, cercando maggiori introiti al fine di incrementare i profitti sia per chi sta dietro le quinte e muove le fila dello spettacolo che per gli attori protagonisti.
Nell’ultimo anno solare sono stati parecchi gli indizi che hanno fatto capire quanto qualcosa di importante si stesse muovendo sotto traccia con l’obiettivo di “modernizzare” l’atletica soprattutto da un punto di vista economico e se tutto ciò dovesse poi riguardare l’aspetto tecnico intaccando la tradizione, chi se ne infischia…
Se da una parte, Lord Sebastian Coe, deus ex machina di World Athletics, rivoluziona il format di alcune gare per renderlo (lui dice) più appetibile alle tv (vedi la cancellazione della 50 km di marcia in favore della staffetta mista olimpica e l’imminente sperimentazione di nuove regole di stacco per salto in lungo e triplo), in altre direzioni si procede per creare qualcosa di alternativo su cui si possa lucrare.
L’obiettivo conclamato è quello di aumentare la popolarità della regina degli sport e, di riflesso, attrarre capitali per poi disporne in vario modo, incrementando i guadagni (piuttosto magri, senza dubbio) dei nomi più altisonanti della disciplina, magari attraverso interventi sulla vendita dei diritti d’immagine.
Al coinvolgimento di media partner, sponsor e investitori ci sta lavorando uno dei più grandi campioni dell’atletica, Michael Johnson. Che la scorsa settimana ha ufficializzato la collaborazione con Winners Alliance finalizzata a metter in piedi per la prossima stagione una Track League che possa emulare, almeno da un punto di vista marketing, quanto accade negli sport americani di punta.
Resta da vedere come il progetto possa collimare – o bisticciare – con i circuiti e le idee di World Athletics. Gli esempi, in tal senso, non mancano. Nel basket, il progetto Eurolega ha avuto ragione ma alla fine la Fiba (federazione internazionale) è andata avanti con le proprie competizioni europee e le squadre che vi aderiscono sono in un certo senso bloccate dai contratti.
Nel calcio, assistiamo ormai da quasi due anni al dibattito sulla Superlega, con l’Uefa sul piede di guerra che nel frattempo ha modificato la Champions League. E poi c’è il tennis, le annose questioni tra Atp e Itf, con società esterne come la Kosmos dell’ex calciatore Piqué che ha organizzato negli ultimi anni la Coppa Davis salvo poi non rinnovare il contratto con la federazione internazionale.
Tornando all’atletica, soprattutto negli Usa, i riflettori si sono accesi all’indomani dei mondiali di Budapest e dei trionfi di Noah Lyles, nuovo paladino della velocità. Lyles ha prima punzecchiato il fatato mondo Nba e successivamente cominciato a rivendicare maggiore “attenzione” pubblicitaria per l’atletica.
Qualche tempo fa aveva fatto parlare di sé anche Alica Schmidt, tedesca da 5 milioni di follower su Instagram, dichiarando di “approfittare” dei social e di professare l’attività di influencer per “arrotondare” sensibilmente quel poco che le metteva a disposizione il track and field.
Conclusi i mondiali indoor di Glasgow, è toccato al mezzofondista Josh Kerr uscire allo scoperto, con una bella tiratina d’orecchie all’Ente Supremo. Il britannico ha auspicato la nascita del nuovo circuito di stelle progettato da Johnson nonché l’ingresso di nuovi capitali, come si vocifera, provenienti dall’Arabia Saudita.
Per la sua medaglia d’oro nei 3000 metri, Kerr ha guadagnato 40.000 dollari (per l’argento nel lungo, Furlani ne ha portati a casa 20.000, poco più di 18 mila euro) mentre ai mondiali estivi di Budapest ne aveva guadagnati 70.000 quando aveva bruciato Ingebrigtsen sul traguardo dei 1500. Cifre chiaramente molto contenute se paragonate alle rassegne mondiali degli altri sport.
In questo contesto, in autunno, la federazione europea intervenne con una decisione storica, introducendo per la prima volta i premi in denaro ai prossimi Campionati Europei di Roma, ma i 500 mila euro totali messi a disposizione potrebbero essere davvero briciole se paragonate a quanto sta portando avanti Michael Johnson.
La vicenda avrà sicuramente degli sviluppi. Con la consapevolezza che anche l’atletica non può più sfuggire all’era dei nuovi grandi interessi.