Non si placano le polemiche sull’esclusione di Athing Mu. Ma il sistema dei Trials non cambierà

La mancata qualificazione ai Giochi Olimpici di Athing Mu continua ad animare il dibattito negli Usa e negli ambienti più prestigiosi dell’atletica mondiale. La caduta nella fase cruciale degli 800 metri della campionessa olimpica in carica ha fatto scattare ancora una volta la spietata legge dei Campionati nazionali americani che fungono da selezione per le Olimpiadi e ammettono senza repliche i primi tre classificati di ogni gara.

Lo staff della mezzofondista, con in testa il tecnico Bob Kersee e il manager Arceneaux, aveva peraltro provato a fare ricorso chiedendo una fantomatica riedizione della finale, prontamente respinto dai giudici della USATF, la federazione statunitense.

Ai Trials non si fanno eccezioni né favoritismi. Essi continuano a rappresentare l’avamposto della meritocrazia alla maniera americana: una gara secca, dove tutti partono alle stesse condizioni e si possono confrontare vis-a-vis. I tre più veloci vanno ai Giochi. Punto e basta. Gli altri non meritano trattamenti speciali, qualsiasi cosa accada. Si mettano il cuore in pace, potranno riprovarci tra quattro anni.

Il sistema, crudele per quanto si voglia, non cambierà. Sulle pagine di alcuni blog americani, hanno peraltro ricordato come la vincitrice degli 800 a Eugene, Nia Akins, tre anni fa, fallì il pass per Tokyo a causa di una caduta per un contatto proprio con Athing Mu. E nessuno mosse un dito e spese una buona parola per lei.

Athing Mu in azione.


L’anno scorso, la stessa Mu, in semifinale fu protagonista di un altro contatto sospetto che mandò giù Prudence Sekgodiso. Athing si salvò in extremis, andò in finale e agguantò il bronzo alle spalle di Moraa e Hodgkinson, mentre la sudafricana, che quest’anno è stata una delle migliori sulla distanza, tornò mestamente a casa.

Nonostante le polemiche mosse dai diretti interessati, gli Usa tirano dritto e non intendono modificare di una virgola la tradizione, neanche – come ha suggerito qualcuno – guardando in casa d’altri, vedi il Kenya che spedisce ai Giochi i primi due mentre il terzo elemento viene scelto dalla federazione. “Sia mai” hanno risposto indignati oltreoceano. E al coro si è unito anche Michael Johnson, asserendo che lasciare facoltà di decisione sui nomi significherebbe entrare nel terreno della politica.

La storia dei Trials è piena di colpi di scena e di bocciature per i Giochi. Ma la scuola a stelle e strisce è talmente ricca di talenti da poter fare a meno anche dei suoi campioni più attesi. Lo ha sempre dimostrato sul campo, a suon di medaglie. E ampie garanzie verranno offerte anche da chi ha guadagnato la qualificazione: la stessa Akins in Oregon ha corso in 1’57″36, il quarto tempo al mondo del 2024.

Dispiace per Athing Mu, insomma, ma queste sono le regole, questo è lo sport. La 22enne del New Jersey è però in buona compagnia. I Trials 2024 hanno fatto fuori anche la campionessa mondiale 2022 del martello Brooke Andersen e l’iridata a Budapest nel disco Laulauga Tausaga. Lo sprinter Christian Coleman finito quarto nei 100 e Sandi Morris nell’asta, la stessa Sha’Carri Richardson nei 200 metri. Per non parlare di altre star internazionali che non potranno difendere, principalmente per motivi legati agli infortuni, il titolo olimpico, come Emmanuel Korir, Elaine Thompson, Yulimar Rojas e Shaune Miller-Uibo. C’est la vie.

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