Il record di Ruth Chepngetich, Rosaria Console: “Il mondo a bocca aperta, ma le scarpe…”

Sono passate appena 72 ore ma il mondo del running non si è ancora ripreso dallo shock della maratona di Chicago, sede di una delle più grandi imprese della storia sportiva firmata dalla keniana Ruth Chepngetich, la nuova primatista del mondo con l’avveniristico tempo di 2h09’56”.

Il dibattito sui limiti umani, sull’influenza della tecnologia, sul doping – pensando inevitabilmente a quanti sono stati fermati negli ultimi mesi – si è letteralmente scatenato sul web, incredulo dinanzi alla prova di forza della 30enne che nella Windy City ha vinto per la terza volta polverizzando dopo soltanto un anno il precedente record sui 42,195 km di Tigst Assefa (2h11’54” a Berlino).

I dati fanno impressione

I numeri di Ruth Chepngetich a Chicago, da qualsiasi punto essi si analizzano, mettono i brividi. Ed è giusto fissarli bene nella mente, perché non è dato sapersi fino a quando resteranno imbattuti. A sensazione, per molto tempo…

Ruth ha completato i primi 5 chilometri in 15’00”, i primi 20 in 1h00:51″, la prima mezza maratona in 1h04’16”, il quinto tempo di sempre per una donna sui 21,097 km. E la seconda metà di gara l’ha percorsa in un sensazionale 1h05’40”.

Secondo le tabelle di World Athletics, il crono finale, equiparato a una prestazione maschile, varrebbe l’ora e 59, ovvero l’abbattimento della leggendaria soglia delle due ore sfiorata lo scorso anno dallo sfortunato Kelvin Kiptum. E ancora, l’11° posto assoluto e un tempo al di sotto del quale nel 2024 hanno saputo correre soltanto cinque italiani (Yeman e Neka Crippa, Faniel, Meucci e Aouani).


La parola a Rosaria Console

Per parlare del nuovo record del mondo femminile della maratona, abbiamo interpellato Rosaria Console, maratoneta azzurra da 2h26’10” (decima prestazione italiana all-time) che si è ritirata nel 2019.

Rosaria, come possiamo commentare nel modo più lucido possibile lo straordinario record del mondo di Ruth Chepngetich?
“Siamo di fronte a un insieme di tanti fattori. Non si può non cominciare dal merito della tecnologia e dal contributo che le scarpe di nuova generazione stanno dando ai runners. Secondo il mio parere, bisognerebbe cominciare a stilare delle classifiche differenziando le prestazioni ottenute prima e dopo l’avvento di queste scarpe, un po’ come accadde quando nel mondo del nuoto arrivarono i costumi in poliuretano. Non capisco come World Athletics non sia intervenuta in merito”.

Dopo il vantaggio assodato delle scarpe (Chepngetich ha corso con le Nike Alphaply 3, le stesse di Kelvin Kiptum quando un anno fa, sempre a Chicago, stabilì il nuovo primato in campo maschile, ndr), cosa mettiamo?
“L’unicità e il talento di Chepngetich. Domenica ha lasciato il mondo intero a bocca aperta. Ha fatto una cosa semplicemente spaziale per una donna. La sua prestazione è da uomo. Sarebbe ridicolo non sottolinearlo. Poi la sua corsa cosi efficace e così spinta le permette di sfruttare al massimo i vantaggi delle scarpe”.

In queste ore si parla tanto anche di doping. In molti mettono in dubbio la fattibilità di questo tempo e ricordano come negli ultimi mesi tantissimi keniani del fondo sono stati squalificati per uso di sostanze proibite.
“Le malelingue, di fronte a ogni novità o miglioramento, vengono sempre fuori. Ma prima di pensare male io mi soffermerei sul doping tecnologico, quello appunto delle scarpe di nuova generazione. Credo che bisognerebbe mettere un limite, perché rischiano di incidere troppo sui tempi. Per una come Chepngetich probabilmente fino a quattro minuti sull’intera distanza della gara. Questi atleti sono già dei fenomeni, ma se gli mettiamo ai piedi delle ali, allora gli consentiamo di volare. Mi chiedo sinceramente cos’avrebbe fatto un Gebreselassie e poi penso anche a noi italiane. Epis e Yaremchuk oggi corrono su un altro binario rispetto a quello mio, di Maria Guida, di Anna Incerti o dell’indimenticata Maura Viceconte. Ecco, su quei tempi lì io metterei sempre un asterisco”.


Di tutti i dati sviscerati in apertura di questo pezzo, qual è quello che ti fa più impressione?
“L’undicesimo posto assoluto. Sarei curiosissima di osservarla negli allenamenti. Deve esserci un qualcosa di molto intrigante nella sua programmazione. Tutto il mondo delle africane è davvero suggestivo. Noi europei siamo ancora distanti anni luce. La migliore italiana, oggi, corre 13 minuti più lenta rispetto al record. E’ un dato molto significativo”.

Gli africani continuano a dominare le long distance, invece nel mezzofondo in pista abbiamo visto come il gap si sia assottigliato e gente come Ingebrigtsen, ma anche lo stesso Grant Fisher, abbia conquistato le medaglie olimpiche. E’ solo un fattore genetico o c’è dell’altro?
“Africa e il resto del mondo, se prendiamo in esame l’atletica e nella fattispecie la corsa, sono sempre stati due mondi completamente diversi. La loro resistenza è proverbiale, ma ad incidere sono anche le scelte e le strategie che stanno dietro al focalizzarsi sulle varie competizioni. Gli atleti degli altipiani hanno fame, voglia di emergere e riscattarsi dalla povertà. E allora puntano molto più alle maratone, perché girano più soldi rispetto alla pista. Adesso lo fanno prima rispetto al passato. Non aspettano più i 30 anni per il debutto e puntano subito alle major più ricche, come New York o Chicago”.

In Europa invece…
“Tutto l’opposto. Gli obiettivi nella prima fase della carriera sono gli Europei, i Mondiali, le Olimpiadi. Il focus sulle maratone prestigiose arriva più per gradi”.


Quanto può aver inciso per Chepngetich il fatto di aver vinto in passato già due volte la Maratona di Chicago per correre così forte?
“Credo che abbia avuto il suo peso, così come la capacità di seguire i due pacer. Tornare a distanza di pochi anni nella stessa maratona aiuta dal punto di vista ambientale, dei riferimenti e del feeling con gli organizzatori”.

Invece come giudichi la scelta della keniana di allenarsi da sola?
“Credo sia un percorso abbastanza criticabile. Ogni sportivo ha bisogno di un riferimento tecnico, quindi non avvalersi di un supporto è una scelta per me poco condivisibile e anche un po’ misteriosa. In ogni caso non deve essere facile, perché si tratta di un’assunzione di responsabilità totale. Il tempo di Chicago le ha dato ragione, in questo senso le vanno fatti i complimenti”.

Rosaria, quanto durerà questo record secondo te?
“Per un po’ le acque si calmeranno. La prestazione di Ruth Chepngetich è stata scioccante. Tutto può succedere, ma non credo che da qui a pochi mesi succederà quello che è accaduto in un anno dopo le 2h11 della Assefa, anche sulla base di quanto ho visto nelle altre maratone, comprese quella olimpica”.


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