Agli Europei di Roma 2024 è arrivato sesto ritoccando il record italiano assoluto delle prove multiple già suo. Un’impresa incredibile compiuta dopo due anni di assenza dalle competizioni di alto livello e che, però, sovrastata dalle numerose medaglie vinte dall’Italia, è passata in secondo piano.
Dario Dester, 23 anni, in forza al gruppo sportivo dei Carabinieri come la compagna di allenamento Sveva Gerevini, aveva chiuso la prima giornata del decathlon con 4.149 punti, grazie a buone prove nei 100 metri (eguagliato il personale di 10”76), nel salto in alto (2.02) e soprattutto nei 400 metri (48”43), ma senza registrare particolari acuti nel salto in lungo (7.32) e tantomeno nel getto del peso (12.43).
Il miracolo, Dario Dester, l’ha fatto alla seconda giornata: 14”28 nei 110 ostacoli, 41 metri nel lancio del disco, 4.90 nel salto con l’asta, ma soprattutto due ottimi personali di 63.66 nel tiro del giavellotto e di 4’23”36 nel 1.500. Totale: 8.235, a poco più di 200 punti dal minimo di qualificazione diretto per le Olimpiadi di Parigi.
Allora, Dario, com’è andata?
“Molto bene, è stata un’esperienza incredibile e molto emozionante. A livello emotivo è stato complicato, perché ci sono stati degli alti e dei bassi. Ed era dagli Europei di Monaco del 2022 che non gareggiavo nel decathlon e soprattutto che non facevo una gara di alto livello”.
Come mai?
“Ho avuto diversi infortuni e l’unico eptathlon che ho fatto indoor è stato a gennaio di quest’anno, ma i problemi fisici mi hanno impedito di farlo a un buon livello. Diciamo che il decathlon di Roma è stato il mio rientro ufficiale dopo due anni”.
Anche fino a poco prima degli Europei di quest’anno eri infortunato.
“Sì, andando in ordine: ai Campionati europei indoor di Istanbul 2023 mi sono fatto male durante il salto in lungo. Diagnosi: lesione del tendine dell’adduttore e un distacco cartilagineo parziale del tendine, che mi hanno causato lo stop per tutta la stagione 2023. Avevamo in programma di riprendere le gare a gennaio di quest’anno, ma mi sono fatto male al piede, quindi abbiamo deciso di saltare le competizioni al coperto e prepararci per i campionati Europei. Volevamo gareggiare a fine aprile al Multistars, ma l’ultimo giorno di raduno a Formia, il 19 aprile, mi sono strappato l’adduttore destro facendo giavellotto. Una lesione di secondo grado che con il mio team siamo riusciti a recuperare per riuscire a fare gli Europei con degli ottimi risultati”.
Hai recuperato davvero in tempi record.
“Ho lavorato con il fisioterapista mattina e pomeriggio, e in più ho fatto doppio allenamento tutti i giorni, ovviamente mirato al recupero e al rinforzo della zona. A 10 giorni dall’infortunio la risonanza diceva che l’edema si era già ridotto di un decimo. Prima di farmi male la condizione fisica era davvero molto molto buona, i riscontri in allenamento molto positivi. Non vorrei sbilanciarmi troppo, ma l’obiettivo era comunque quello di avvicinare il minimo diretto per le Olimpiadi. Dovevo solo ‘ripescare’ le condizioni di prima e prendere fiducia con il mio corpo”.
Adesso come stai?
“Sto bene, sono contento di aver finito un decathlon in buona salute. Stanco, ovviamente, dopo dieci fatiche, ma nella norma. Adesso gareggerò ai Campionati italiani assoluti perché ho bisogno di punteggi che mi valgano per il ranking per Parigi”.
Come mai agli Europei di Roma la seconda giornata è andata meglio rispetto alla prima?
“Prima di partire per Roma, il mio allenatore, Pietro Frittoli, mi aveva detto una frase che poi mi ha molto aiutato in gara. Mi aveva fatto riflettere sul fatto che non sono più il Dario di due anni fa, ma un Dario diverso che come atleta ha dei nuovi punti di forza soprattutto nella seconda giornata. Ho cercato di sfruttarli al massimo, anche se forse non del tutto, perché del disco e dell’asta non sono pienamente soddisfatto. Le considero buone gare ma sento di avere margine di miglioramento. Anche per quanto riguarda il giavellotto e i 1.500, è vero che ho fatto dei personali importanti, ma non mi sono stupito, perché ci avevo lavorato parecchio, quindi speravo che uscisse quel risultato lì. Il fatto di avere margine dà molta consapevolezza e molta fiducia per la prossima gara”.
Il minimo diretto per Parigi di 8.460 punti, come si usa dire, te lo senti nelle gambe?
“La difficoltà del decathlon è che essendo dieci discipline è difficile farle tutte in maniera perfetta. Sicuramente valgo di più del risultato che ho fatto a Roma e ne siamo tutti consapevoli. Non so se raggiungerò il minimo diretto, anche se ci spero molto, ma 100-150 punti in più si possono fare, assolutamente”.
Come sono gestiti gli allenamenti con gli altri tecnici, oltre a Pietro, che vi seguono in alcune specialità?
“Giuliano Corradi che ci segue nel salto in alto e Antonio Fent, essendo un allenatore del gruppo sportivo dei Carabinieri, negli ultimi due anni ci sta dando una mano sul giavellotto. Poi io rispetto a Sveva sono seguito da un tecnico in più, Andrea Giannini, per il salto con l’asta. Pietro stabilisce tutti gli allenamenti. Poi, insieme agli altri tecnici, decide quando inserire le sedute di allenamento specifiche. Sono molto bravi perché anche se è un intreccio complicato, hanno trovato la quadra e anche perché adattano la loro disciplina a noi in quanto multiplisti, e al nostro carico di lavoro. Altrimenti il rischio è di lavorare in maniera troppo specifica su un determinato gesto tecnico che non siamo abituati a fare e finire di farci male.
Specialità preferita?
“Salto con l’asta mi piace molto. È una disciplina molto tecnica, ma quando viene bene, dà tante tante soddisfazioni”.
E quella più odiata?
“I 1.500 metri. Nell’ultimo periodo sto cercando di farmelo piacere perché porta tanti punti, ma se potessi cambiare una disciplina cambierei quella, metterei un 1.000. Dopo dieci gare andrebbe più che bene”.
Come ti sei avvicinato all’atletica?
“Ho iniziato da molto piccolo, quando avevo, penso, 4-5 anni. Ero un bambino iperattivo e nel mio paese, Casalbuttano, c’era un maestro di atletica che gestiva un ‘vivaio’ di bambini, Poi ho fatto anche pallavolo e pallacanestro e ho iniziato ad allenarmi un po’ più seriamente nell’atletica in terza superiore. Vedendo di riuscire bene in più discipline mi sono detto: ‘Proviamoci’. Quell’anno anche Sveva aveva iniziato a fare prove multiple. Al secondo anno allievo ero arrivato secondo ai Campionati italiani e da lì pian piano ho proseguito”.
Tu e Sveva, quindi, vi conoscete da quando siete piccoli.
“Sì, veniamo dallo stesso paese. Lei è quattro anni più grande di me, però abbiamo frequentato lo stesso oratorio, lo stesso campo di atletica…”
È un po’ come una sorella più grande.
“Ha un carattere molto forte, ma allenarsi con lei è stimolante. Il nostro binomio è produttivo perché ci sproniamo a vicenda. Poi capita che facciamo lavori diversi, ma avere una compagna di allenamento è fondamentale, anche solo per farci compagnia nei viaggi in macchina quando dobbiamo spostarci per gli allenamenti”.
Multiplisti internazionali che ti ispirano?
“Ashton Eaton. È un grande classico, lo so, ma è il decatleta più completo in assoluto. E poi anche quei decatleti che ormai si sono fatti almeno due Olimpiadi, come il belga Thomas Van der Plaetsen o il polacco Pawel Wiesolek. Hanno un’esperienza incredibile e in campo si vede come affrontano le gare a livello mentale, sportivo, emotivo. C’è tanto da imparare dal punto di vista umano, per me sono un esempio da seguire”.
Il risultato di Kevin Mayer, quinto con 8.476 punti, te lo aspettavi?
“Sì, immaginavo che se fosse stato bene avrebbe potuto fare il minimo per le Olimpiadi. E l’ha fatto chiudendo il 1.500 in 5′. Se fa 4’30” fa 8.600-8.700. Non sono pienamente d’accordo con la scelta di farlo gareggiare, non era corretto nei confronti degli atleti che si erano qualificati con il minimo e con il ranking. Però sapevo che avrebbe fatto bene”.
Multiplisti italiani che ti hanno ispirato?
“Sicuramente Simone Cairoli mi ha aiutato tanto nella mia crescita come atleta, era il mio punto di riferimento. Fino al 2020 era il re delle prove multiple in Italia. L’ho sempre ammirato soprattutto per la determinazione che ci metteva. Non era in nessun corpo militare, ma lavorava e al tempo stesso si allenava per il decathlon, e ti posso assicurare che è veramente difficile fare questa doppia vita. E nonostante questo è riuscito a ottenere ottimi risultati. Credo che se fosse entrato in un gruppo militare avrebbe superato le barriere degli 8.000 punti nel decathlon e dei 6.000 punti nell’eptathlon. Ci sentiamo ancora, anche se da qualche anno ha smesso”.
Voi decatleti siete un po’ una tribù.
“Quando condividi la fatica, leghi molto di più. E poi passiamo molte ore in campo assieme. Agli Europei di Roma siamo stati in pista 15 ore al giorno. O parli con i muri o fai amicizia”.
Raccontaci Dario Dester fuori dall’atletica.
“Ultimamente non ho avuto molto tempo per fare molto altro. L’ultimo anno e mezzo è stato davvero complicato a causa degli infortuni e anche dal punto di vista mentale ho fatto fatica. Mi curavo, sistemavo tutto e regolarmente mi rifacevo male, mi ha buttato tanto giù. Ho deciso di prendermi una pausa dall’università. Sono iscritto a giurisprudenza e ho sempre dato qualche esame, tranne nel 2023, ma l’idea è di riprendere a settembre di quest’anno. Per fortuna ho un gruppo di amici che mi hanno aiutato molto. E anche la mia fidanzata.
Dicci di più.
“Stiamo insieme da otto anni, da quando eravamo piccoli. Non fa atletica, l’ho conosciuta al liceo. Anche lei fa giurisprudenza, ma a Piacenza, in Cattolica, ed è molto più brava di me. Sta finendo il quarto anno e mi segue sempre alle gare, anche a Roma c’era, ovviamente. Nei mesi in cui mi sono fatto male è stata fondamentale”.
Obiettivi dopo gli italiani?
“Spero di andare diretto a Parigi”.
Come ti senti al pensiero?
“Non so se conviene pensarci, devo rimanere concentrato altrimenti perdo la testa”.
foto Grana / Fidal