La terzultima serata dei mondiali di Budapest ci ha consegnato una staffetta da sogno. Incredibile quello che hanno combinato le due 4×100 azzurre impegnate in batteria. Entrambe si sono guadagnate la finale di domani con prestazioni da urlo.
Gli uomini addirittura con il miglior tempo, uno straordinario 37″65 migliore persino dei crono di Usa e Giamaica (che restano favorite per l’oro) e a soli 15″ dal 37″50 che valse l’oro olimpico due anni fa.
Le donne hanno stampato il quarto tempo di qualificazione e soprattutto il nuovo primato italiano con un sensazionale 42″15.
Patta l’uomo buono per tutte le stagioni
Tutti i dubbi e le inquietudini di una squadra martoriata da imprevisti e infortuni (e conseguenti debacle) negli ultimi due anni sono stati spazzati via da questo 37″65, il secondo crono di sempre per la Nazionale, che dà seguito al segnale di rinascita che si era visto a Grosseto nell’ultima chance per mettere in cassaforte il pass per questi mondiali.
Negli ultimi mesi, il prof. Filippo Di Mulo, responsabile della velocità , ha avuto il suo bel da farsi per mettere in piedi un quartetto competitivo: ha dovuto sostituire sempre l’infortunato Jacobs, alternando atleti (da Melluzzo a Ricci fino alla grande scoperta del bresciano Roberto Rigali in prima frazione) e formazioni.
I piani erano stati ulteriormente scombinati anche in piena estate, per via degli infortuni di Desalu e Patta. Poi l’inizio dei mondiali e le prove deludenti di Tortu e Desalu sui 200 ad infittire le preoccupazioni.
Ieri, Di Mulo, anche per tenere alta la tensione in gruppo, aveva detto che il solo Jacobs (10″05 sui 100) sarebbe stato sicuro del posto in staffetta. Poi ha confermato Rigali in prima, Patta in terza e Tortu in quarta, scegliendo la formazione che offriva maggiori garanzie.
Una nota di merito va assegnata a Lorenzo Patta, buono per tutte le stagioni: in due anni tribolati la staffetta è stata rimescolata più volte e lui è stato quello che ha subito i maggiori cambi di formazione.
Lorenzo c’è sempre stato e anche stasera ha confermato le sue qualità .
Ora ci aspetta una finale in cui può succedere di tutto: l’Italia in quinta corsia sarà un punto di riferimento per tutti gli avversari e per quanto ha dimostrato stasera ci aspettiamo che possa essere protagonista fino in fondo.
Pavese come Shelly-Ann Fraser
A differenza degli uomini – avvolti dal rebus fino al riscaldamento – il quartetto femminile della staffetta era già stato ampiamente annunciato e consolidato.
Le premesse per fare bene c’erano tutte, magari non ci si immaginava così bene, con un record italiano letteralmente preso a picconate (42″71 il tempo fatto segnare a Eugene 2022) da una Zaynab Dosso ormai tornata ai fasti migliori dopo l’infortunio (come dimostrato con il primato italiano eguagliato nei 100 metri), da Dalia Kaddari particolarmente brillante nei 200 e poi dalle raggianti Anna Bongiorni e Alessia Pavese, quest’ultima capace di correre la propria frazione in 9’98”, sui tempi della leggenda giamaicana Shelly-Ann Fraser.
Prendendo in prestito l’espressione in telecronaca di Stefano Tilli, serve aggiungere altro?
Foto Grana / Fidal