Gli Stati Uniti di nuovo cannibali: a Parigi 34 medaglie e il doppio di ori rispetto a Tokyo

Strapotere stars and stripes. Gli Stati Uniti a Parigi hanno rialzato la cresta, lasciando le briciole agli avversari. Non che non fossero da considerare la Nazione guida dell’atletica, sia chiaro. Ma come gli stessi Trials avevano in qualche modo lasciato presagire, gli americani sono tornati autentici cannibali, primeggiando anche in specialità in cui la medaglia d’oro non sembrava potesse essere affar loro.

Gli Stati Uniti a Parigi hanno chiuso con 34 medaglie conquistate nell’atletica, il 27% delle 126 medaglie (poco più di un quarto) complessive raggranellate in tutti gli sport delle Olimpiadi.
Dallo Stade de France, Lyles e compagni riportano a casa 14 ori (rispetto ai 40 del medagliere complessivo, il 35%), 11 argenti e 9 bronzi. Cinque medaglie in più rispetto ai mondiali di Budapest del 2023. Otto in più rispetto ai Giochi di Tokyo di tre anni fa. A saltare all’occhio però è il numero di ori. In Giappone erano stati “soltanto” 7 (più 12 argenti e 7 bronzi), esattamente la metà di quelli vinti a Parigi. Un trionfo.

Lyles, Thomas e tanti podi nella velocità

Solo il Covid ha impedito a Noah Lyles di firmare la doppietta 100-200. Dopo aver vinto sul rettilineo, bruciando l’altro favorito Kishane Thompson, lo sprinter attualmente più forte al mondo si è dovuto arrendere al virus e al botswano Letsile Tebogo.

Nei 400 metri uno straordinario Quincy Hall ha avuto la meglio sul britannico Hudson-Smith, mentre restando in tema velocità, ha fatto rumore la sconfitta di Sha’Carri Richardson, per mano della regina di Santa Lucia, Julien Alfred. Gli Usa si sono però presto consolati sulla doppia distanza, grazie alla cavalcata di Gabby Thomas, e comunque hanno sempre piazzato sul podio due atleti nello sprint: nei 100 terzo è arrivato Kerley, nei 200, alle spalle di Tebogo, c’erano Bednarek e Lyles. Al femminile spiccano invece i bronzi di Melissa Jefferson (100) e Brittany Brown (200).

Hurrà Holloway, impresa Hocker, pasticcio staffetta

Se nei 110 ostacoli, il dominatore degli ultimi anni, Grant Holloway stavolta non ha tradito le aspettative ed è andato a vincere il suo primo titolo olimpico davanti al compagno di squadra Roberts, a compiere un’impresa è stato Rai Benjamin nei 400 ostacoli, perché capace di buttar giù dal trono sua maestà Karsten Warholm.

In campo maschile gli Stati Uniti a Parigi sono poi stati in grado di sorprendere nel mezzofondo prolungato, grazie alle due medaglie di bronzo ottenute nei 5000 e 10.000 metri da Grant Fisher. E anche nel salto in alto, con Shelby McEwen capace di contendere fino allo spareggio la vittoria al neozelandese Hamish Kerr.

Non dimenticheremo facilmente, però, la volata di Cole Hocker nei 1500 metri, con il 23enne di Indianapolis che in un colpo solo ha fatto fuori i due litiganti per eccellenza, Josh Kerr e Jakob Ingebrigtsen.

Detto della prevedibile (Fabbri permettendo, e purtroppo è stato così) doppietta nel getto del peso con Ryan Crouser e Joe Kovacs, va rimarcato il solito pasticcio nei cambi della 4×100: quando arriverà il momento di provarli?

Regina McLaughlin, guizzo Russell

In campo femminile, la copertina non può non andare a Sydney McLaughlin, che ha aggiornato il suo record del mondo nei 400 ostacoli a 50″37 e logorando Femke Bol, finita terza alle spalle dell’altra americana Anna Cockrell.

Merita applausi il successo di Masai Russell nei 100 ostacoli, in una gara dall’esito imprevedibile vista la qualità delle partecipanti che aspiravano alla gloria (Charlton, Camacho-Quinn, Amusan tra le altre).

Nel salto in lungo è arrivato il successo di Tara Davis, ma anche il bronzo di Jasmine Moore, che pochi giorni prima aveva chiuso sul gradino più basso del podio la gara del triplo. Straordinaria. Come la discobola Valarie Allman, oro bis dopo quello di Tokyo. Come le ragazze di 4×100 e 4×400, che hanno vinto a mani basse le rispettive gare. Per la staffetta femminile del miglio si è trattato dell’ottavo oro di fila alle Olimpiadi!

Gli americani hanno dimostrato ancora una volta di saper arrivare pronti ai grandi obiettivi. E diventa difficile dire dove si poteva fare di più. Rispetto a Tokyo, mancano agli Usa un paio di allori nel mezzofondo e nel fondo (negli 800, ad esempio, era assente Athing Mu) ma è anche vero che non era semplice pronosticare le prestazioni di Fisher o addirittura l’oro di Hocker. Il rammarico più grande, semmai, è quello di aver perso l’oro nella 4×400 mista, con Kaylyn Brown letteralmente risucchiata dalla prepotente rimonta in volata della Bol.

foto Saneh / World Athletics

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