La sveglia suona prestissimo. I ritmi sono frenetici. Il grande giorno si avvicina. Mancano poco più di due settimane alla Stramilano numero 52 e Andrea Alzati, come ogni anno, non sta nella pelle. “A ridosso dell’evento non sai più quando vai a dormire, se mangi, se torni a casa. Mi è capitato di perdere anche 7 chili in 10 giorni, perché lo stress è enorme. La Stramilano è così. Ma quando c’è la passione, ne vale sempre la pena”.
Alzati è a capo dello staff organizzatore di quello che può essere considerato l’evento running più amato e frequentato d’Italia. Un evento che si è tramandato di padre in figlio. Che sa rinnovarsi e adattarsi ai tempi mantenendosi però ben saldo alla tradizione e allo spirito delle origini.
Alzati ha raccolto l’eredità da papà Francesco e dagli altri pionieri appassionati di montagna (quelli del Gruppo Alpinistico Fior di Roccia) che nel marzo del 1972 organizzarono una podistica in notturna nel cuore della città meneghina.
“Oggi porto avanti una manifestazione consolidata – fa notare Andrea – Ma mio padre e gli altri amici (da Cepparo a Onesti passando per Gelosa e l’attuale presidente del Comitato organizzatore Michele Mesto, che ha 86 anni) furono dei visionari. Andarono dalla federazione per manifestare le loro intenzioni, li presero per pazzi. Allora esistevano solo le 10 km in pista. E le maratone. Gli dissero: “Fra un anno non esisterà più”. Invece ci avevano visto lungo”.

Per domenica 23 marzo si attendono ancora numeri da record. Circa sessantamila runner suddivisi tra 5 e 10 km non competitiva e mezza maratona. Per quest’ultima il tetto massimo di iscrizioni è stato aumentato di mille unità, mille in più rispetto agli ottomila dell’anno scorso. “Puntiamo ad accontentare tutti. Ma a 9000 si chiude. Giusto farsi ingolosire, ma altrettanto doveroso rimanere seri e garantire servizi e riconoscimenti dal primo all’ultimo”.
Andrea, qual è l’insegnamento principale che ti ha trasmesso tuo padre nell’organizzare la Stramilano?
“Innanzitutto considero un privilegio quello di aver lavorato al suo fianco per tanti anni. La Stramilano è un evento organizzato da chi lo sente nel cuore. Non siamo dipendenti di una società esterna retribuiti da uno stipendio. Siamo spinti dalla passione, dal rispetto per chi corre e per un evento che ha 52 anni di storia. Ci spendiamo anche per tenerlo al passo coi tempi. Andiamo in giro a guardare gli altri per far sì che il prodotto sia giovane, fresco e desti curiosità. Il nostro obiettivo è che il runner passi una bella giornata e torni a casa contento”.
Lo staff della Stramilano è una sorta di famiglia che si rinnova di generazione in generazione.
“Ciascuno di noi è legato a un pezzettino di storia. Siamo figli dei pionieri, amici di amici che hanno ereditato e custodiscono un patrimonio dai numeri eccezionali che oggi è diventato un lavoro”.
Non a caso il claim della Stramilano è Run Generation.
“E’ così anche con i partecipanti. Il ragazzo che l’ha corsa per la prima volta è diventato adulto, si è sposato, ci ha portato i figli, poi è diventato nonno e ora corrono i suoi nipoti”.

La Stramilano diventò grande subito o quando arrivarono i campioni della maratona?
“Fu un evento talmente rivoluzionario che conquistò subito i milanesi e, a seguire, le persone che arrivavano da fuori. Non esisteva l’idea di correre liberi per strada e di chiudere una città come Milano. Agli amanti della corsa non sembrava vero. All’inizio si facevano 22-23 chilometri. E nessuno aveva cronometri, gps, energetici”.
Negli anni Novanta ci fu l’avvento degli africani degli altipiani. Moses Tanui vinse quattro volte di fila. Paul Tergat sei.
“Erano personaggi sconosciuti, sembravano venissero da un altro pianeta. Magrissimi, super veloci, sembravano non toccare terra. Cova, Poli, Bordin e Di Napoli dovettero scontrarsi con una realtà nuova. Avevano altri metodi di allenamento, un’altra costituzione, un’altra alimentazione: mangiavano solo riso, pollo e verdure lesse. Come del resto oggi”.
Com’è cambiata negli anni la Stramilano?
“Prima era un appuntamento della città. Oggi è un evento nazionale ed europeo. La qualità del nostro lavoro negli anni ha decretato il successo fuori dai confini”.
E Milano come risponde?
“Per alcuni è una scocciatura, perché non è mai simpatico bloccare il traffico in una parte del centro la domenica mattina. Però non essendoci solo la competitiva, l’evento è sempre più tollerato perché è più popolare e coinvolge tantissime famiglie. Noi facciamo tanta informazione. Dieci giorni prima riempiamo a macchia d’olio gli aeroporti e le metro informando la città della nostra esistenza. I runner, che c’è la Stramilano, lo sanno. Ma per noi è importante che lo sappia chi non la corre. Però sono anche giorni di festa, al di là dell’indotto che viene generato. E’ sempre emozionante, al ritiro del pacco gara, vedere le tute delle società sportive provenienti da ogni angolo d’Italia e dall’estero”.

Chi c’è dietro le quinte di un evento così grande?
“Il cuore pulsante dell’organizzazione è fatto da cinque persone e il numero esiguo rende l’idea di quanto ci spendiamo tutto l’anno: oltre a me, c’è il presidente del Comitato organizzatore Michele Mesto, poi Marco Rampi che si occupa degli atleti top e le due segretarie factotum che sono Martina Omodeo Zorini e Margherita Codecà”.
Ma negli ultimi giorni la macchina organizzativa si allarga.
“Nell’ultimo mese coinvolgiamo dapprima una trentina di persone. Che nell’ultima settimana diventano sessanta. Il giorno della Stramilano lavorano per noi 1200 persone”.
Ci saranno novità nel percorso lanciato lo scorso anno?
“Abbiamo eliminato una piccola salitella di 100 metri, che un anno fa suscitò qualche lamentela dei big. Più piatto di come è adesso, non si può. La gara è super veloce. E’ una sorta di andata e ritorno. Si fanno tre rotonde, di cui due vengono tagliate”.

Siete sempre attenti al sociale e alle iniziative lungo il percorso.
“Sono confermate le quattro postazioni musicali del Conservatorio di Milano e le tre postazioni di acrobati Liberi di. La Stramilano è anche pet friendly, dal momento che in molti la corrono insieme al cane. Grazie a Farmina, avremo due postazioni intermedie oltre ai veterinari al traguardo della non competitiva, nei pressi dell’Arco della Pace, pronti a intervenire e a dare consigli. Mi metto dalla parte degli animali che percorrono 10 km e hanno le loro esigenze, a cominciare dall’alimentazione”.
C’è poi una grande novità che riguarda i runner con passeggino.
“Abbiamo stretto una collaborazione con Chicco, realizzando insieme a loro un pettorale personalizzato da apporre sul passeggino. Ci saranno inoltre due postazioni dedicate lungo il percorso, a disposizione di tutte le mamme, e una al traguardo”.
C’è un episodio che ti è rimasto più impresso nella mente in questi anni?
“Sì. E’ stato un momento imbarazzante che porterò sempre nel cuore. Al villaggio pubblicitario, una nota azienda automobilistica che ci faceva da sponsor provò ad organizzare un momento autografi sui loro pannelli con un paio di atleti top keniani. Ma molti di loro non sapevano praticamente firmare. Lì ti fermi e capisci tante cose sul mondo”.
Ma tu la Stramilano l’hai mai corsa?
“Con mio papà c’era sempre da lavorare (ride, ndr). Circa 25 anni fa, sono partito da un rifornimento, vicino casa nostra. Si può dire che ho fatto metà percorso”.