I tendini, e in particolare il tendine d’Achille, sono strutture delicatissime quando si parla di atletica e, in particolar modo, dei saltatori.
Anche nell’ultimo periodo, gli infortuni di un certo rilievo non sono mancati. Basti pensare ai crac di Elena Vallortigara, Yulimar Rojas, Claudio Stecchi, Dariya Derkach, Sveva Gerevini, Ottavia Cestonaro… Scopriamo in tre puntate chi è più a rischio di lesioni, le avvisaglie, come si interviene e previene, i tempi di recupero. Abbiamo posto delle domande ai ragazzi di Osteopathy Track&Field: Giacomo Consorti, Mattia Cella e Roksana Fard. Buona lettura…

A quali forze sono sottoposti i tendini dei saltatori?
“I tendini dei saltatori sono sottoposti a forze impressionanti durante l’esecuzione del gesto tecnico. Per dare un’idea, si stima che un runner amatoriale che corre a un ritmo di 4 minuti al chilometro generi, a ogni passo, una forza di reazione al suolo pari a circa 3 volte il proprio peso corporeo. Negli sprinter, durante la fase lanciata, questo valore può salire fino a circa 7 volte il peso corporeo. Se ci spostiamo sui salti, in particolare nel salto triplo, si stima che nella transizione dall’hop allo step la forza generata possa arrivare fino a 12 volte il peso corporeo. Ciò significa che, in una frazione di secondo, tendini come l’achilleo o quelli coinvolti nell’estensione del ginocchio devono assorbire, trasferire e restituire un carico eccezionale, mantenendo al contempo efficienza e integrità. Per quanto riguarda il salto in alto, si stima che nella fase di stacco le forze verticali possano raggiungere circa 8 volte il peso corporeo. Anche in questo caso si tratta di carichi notevoli, legati alla necessità di trasformare rapidamente una componente orizzontale in una verticale, con elevati requisiti di reattività tendinea”.
Sono più a rischio gli atleti dei salti in estensione (lungo-triplo) o quelli dei salti in elevazione (asta-alto)?
“Non disponiamo di moltissimi dati epidemiologici che permettano un confronto diretto sull’incidenza delle tendinopatie tra le diverse specialità. Se dovessimo basarci sulla nostra esperienza clinica e sull’osservazione dell’atletica d’élite internazionale, possiamo però identificare tendenze”.
Ad esempio?
“Nei salti in estensione, nel triplo più che nel lungo, gli atleti sono sottoposti a carichi meccanici estremamente elevati, specialmente sul tendine d’Achille. Questo può aumentare il rischio di lesioni, come evidenziato dagli infortuni subiti da atlete come Yulimar Rojas e recentemente Dariya Derkach. Nei salti in elevazione, anche se le dinamiche biomeccaniche differiscono da quelle dei salti in estensione, i tendini rotulei e achillei sono comunque sollecitati in modo significativo. Tuttavia, nel caso di atlete come l’eptatleta canadese Georgia Ellenwood e l’eptatleta spagnola María Vicente, entrambe vittime di infortuni al tendine d’Achille durante la prova di salto in alto, va sottolineato che l’evento lesivo è avvenuto in fase di rincorsa, e non nello stacco vero e proprio”.

Che significa?
“Questo suggerisce che, più che attribuire l’infortunio unicamente alle forze biomeccaniche caratteristiche della disciplina, dovremmo allargare lo sguardo a una serie di fattori predisponenti che possono contribuire al cedimento tendineo. Il gesto tecnico dello stacco rimane ovviamente un momento critico, ma in questi casi il problema si è manifestato prima, segnalando come il contesto dell’infortunio sia spesso multifattoriale, e che la biomeccanica da sola non spieghi tutto. Recentemente anche l’astista italiano Claudio Stecchi ha subito una lesione del tendine d’Achille”.
Come si possono proteggere oggi i tendini? Attraverso quali attività, accorgimenti, pratiche? Come lavorano i saltatori in questo senso?
“Il condizionamento del tendine è una questione piuttosto delicata, perché i tendini sono un po’ più “snob” dei muscoli. Mentre i muscoli si adattano a una grande varietà di stimoli con risposte prevedibili in termini di forza, ipertrofia e potenza, i tendini richiedono stimoli specifici, spesso molto intensi, e soprattutto protratti nel tempo per potersi realmente condizionare. Non rispondono bene a qualsiasi tipo di lavoro, e anzi possono facilmente degenerare se esposti a determinati tipi di stimolo. Il processo di condizionamento tendineo prevede diverse fasi”.
Cominciamo dalla prima…
“In una fase iniziale, si utilizzano solitamente esercizi isometrici, che consentono di attivare in modo sicuro il tendine, favorendo un primo adattamento meccanico e metabolico”.
E poi?
“Si passa a movimenti eseguiti lentamente (heavy slow resistance training), a tempo controllato e su un range articolare completo (full ROM). Questo è un punto importante: è stato dimostrato che i movimenti eseguiti su un’escursione articolare completa tendono a stimolare meglio l’adattamento del tendine rispetto ai movimenti parziali. Detto ciò, è fondamentale considerare la presenza o meno di una tendinopatia, soprattutto se inserzionale. In quel caso, i movimenti su tutto il range devono essere introdotti con cautela, perché spesso si eseguono in posizioni che possono generare compressioni meccaniche nella zona di inserzione del tendine, che è una delle componenti più critiche per il mantenimento o il peggioramento della condizione clinica. Quando si parla di tendinopatie inserzionali, uno dei concetti chiave da capire è quello della compressione”.
Cosa si intende?
“Per fare un esempio semplice, prendiamo il tendine d’Achille: in dorsiflessione di caviglia – quindi quando il dorso del piede si avvicina alla tibia – la porzione inserzionale del tendine viene spinta contro la parte superiore e posteriore del calcagno (come se ci facesse puleggia sopra), cioè la tuberosità calcaneare. Questo contatto crea una forza di compressione sul tendine, oltre alle classiche forze di trazione a cui è già sottoposto durante il movimento. Come tutte le strutture corporee, anche i tendini rispondono agli stimoli adattandosi. Un esempio intuitivo è quello dei calli sulle mani: anche lì si tratta di un adattamento cellulare, una metaplasia, cioè un cambiamento nella forma e nella funzione delle cellule in risposta a uno stress meccanico. La stessa cosa succede nel tendine: le cellule tendinee, i tenociti, che normalmente hanno una forma allungata, fusiforme, adatta a sopportare le forze in trazione, quando sono costantemente sottoposte a compressione iniziano a cambiare morfologia. Vanno cioè incontro a una metaplasia condrocitica, assumendo una forma più tondeggiante, simile a quella dei condrociti, le cellule della cartilagine, che invece sono progettate per resistere a forze in compressione. Fin qui sembrerebbe un adattamento positivo, ma il problema è che il tendine, anche in quella sede, continua a ricevere forze in trazione. E queste nuove cellule sferiche, seppur più adatte alla compressione, non sono ottimizzate per resistere alla trazione”.

Tutto ciò cosa comporta?
“Il risultato è che, nel tempo, si sviluppano delle microlesioni, che possono degenerare secondo il classico continuum della tendinopatia, portando a dolore, perdita di funzione o, nei casi peggiori, a lesioni. Ecco perché nei programmi di recupero, quando siamo di fronte a una tendinopatia inserzionale, è fondamentale considerare questi meccanismi biologici. Alcuni esercizi – in particolare quelli in full range, come accennato prima – vanno usati con attenzione in presenza di compressioni significative, perché possono peggiorare il quadro, anziché migliorarlo. I movimenti full ROM non vanno esclusi per sempre o demonizzati, ma vanno reintrodotti progressivamente, poiché sono quelli che, a lungo termine, garantiscono il miglior condizionamento”.
E siamo alla fase finale del percorso.
“Che prevede due passaggi distinti ma complementari: la force absorption e la restituzione elastica. La prima riguarda la capacità del tendine di ricevere e assorbire forze meccaniche elevate in sicurezza; la seconda consiste nella sua abilità di restituire quell’energia accumulata in modo rapido, efficiente e direzionale. È in questa fase che si inizia ad avvicinarsi al lavoro pliometrico vero e proprio, indispensabile per i saltatori, perché rappresenta il tipo di stimolo più vicino a quello del gesto tecnico in gara. Un aspetto fondamentale, spesso sottovalutato, riguarda la frequenza con cui vengono somministrati gli stimoli di condizionamento tendineo, che varia molto a seconda del tipo di lavoro proposto e della fase in cui si trova l’atleta. Gli esercizi isometrici, ad esempio, sono generalmente ben tollerati dal tendine. Non comportano un sovraccarico eccessivo e non generano particolari microdanni, quindi possono essere utilizzati anche quotidianamente, sia in fase preventiva che nelle primissime fasi del recupero. Sono proprio questi stimoli, semplici ma mirati, a permettere al tendine di iniziare un processo di adattamento senza essere esposto a rischi significativi. Diverso il discorso per l’Heavy Slow Resistance Training, che include fasi eccentriche più pronunciate, e per questo motivo può risultare più impegnativo per il tendine, soprattutto se eseguito con carichi rilevanti e su full range. In questo caso, la raccomandazione è di limitarne la frequenza a due, massimo tre volte a settimana, cercando però di distribuire bene le sedute nel tempo: è preferibile mantenere una regolarità negli intervalli (ad esempio, ogni 48 ore), piuttosto che concentrare tutto in pochi giorni e poi sospendere. Lo stesso principio vale per il lavoro pliometrico, che rappresenta lo stimolo più intenso in termini di carico tendineo. Trattandosi di attività ad alta intensità e rapidità di esecuzione, che coinvolgono la restituzione rapida di forze elevate, generano un impegno importante del collagene tendineo. Per questo motivo, anche qui si consiglia di rispettare un recupero di almeno 48–72 ore tra una seduta e l’altra, in modo da dare tempo ai tessuti di riorganizzarsi biologicamente. I tempi di turnover fisiologico del collagene, infatti, si aggirano proprio su quel range temporale, e non rispettarli significa esporsi al rischio di accumulo di microlesioni e, quindi, a un possibile quadro di tendinopatia da sovraccarico”.
Appuntamento alla prossima puntata…