Vittoria Fontana e l’infortunio scoperto per caso: “Obiettivo tornare in staffetta a Parigi”

Da mesi, insieme alla compagna del Gruppo Sportivo dei Carabinieri Ottavia Cestonaro, Vittoria Fontana si sta allenando al centro ricerche Mapei Sport di Olgiate Olona a causa di un infortunio al bicipite femorale scoperto per caso durante delle visite di routine a Roma.

“Alla notizia ero devastata”, racconta la velocista gallaratese, costretta a tifare da casa le compagne impegnate ai mondiali di staffetta alle Bahamas. Ma Vittoria Fontana sta facendo di tutto per tornare a far parte della squadra per le Olimpiadi di Parigi: “Qui abbiamo lavorato tantissimo, solo da poco, dopo l’ultima visita di controllo, si sono riaperte anche per noi le porte della pista”.

Ottavia si è infortunata durante una gara. Tu come hai scoperto che c’era un problema?
“Per caso, facendo delle visite di controllo. Il 6 febbraio hanno trovato un distacco del tendine dei muscoli flessori della gamba sinistra. Avevo fastidio solo quando mi sedevo su superfici dure. Da atleta pensavo non fosse niente di grave, alla fine la zona del bicipite femorale è sempre sollecitata. E prima d’ora non avevo mai avuto infortuni gravi, per cui non sapevo nemmeno come riconoscerlo, sentivo solo una leggera tensione, il giorno prima degli esami avevo corso in pista. Nella sfortuna sono fortunata a essere asintomatica e non provare dolore”.


Immagino che la notizia sia stata devastante.
“Volevo mollare tutto, pensavo che avessero sbagliato la risonanza. Sicuramente il mio corpo mi aveva mandato dei segnali, in alcuni test per esempio non sollevavo la gamba sinistra tanto quanto la destra, ma era davvero difficile senza dolore e senza un esame oggettivo arrivare a capirne la causa. C’è stato anche un momento in cui dopo una seconda risonanza i medici mi hanno richiamata per dirmi che forse era necessaria l’operazione. In quel momento ho preso le mie cose, sono uscita dalla palestra e mi sono chiusa in macchina a piangere. Per fortuna il periodo di depressione è durato pochi giorni e ad un certo punto è scattato qualcosa che mi ha fatto dire: ‘Ok, ora basta’ e ho reagito”.

Dando la notizia sui tuoi profili social hai scritto di aver escluso l’operazione. 
“Sì, perché i tempi di rigenerazione dei tessuti sarebbero stati troppo lunghi. Mentre nel caso di Ottavia era necessario ancorare di nuovo il tendine, io avrei dovuto suturarlo, perché ho un distacco solo nella parte centrale, ma così ci avrei messo molti più mesi poi a recuperare e nemmeno il chirurgo se la sentiva”.

Adesso come stai?
“Bene, ma sono arrivata a questo punto grazie all’aiuto del mental coach e dello psicologo. In realtà vengo da un periodo un po’ pesante. Agli Europei Monaco, nei 200 metri, non ero arrivata in semifinale per un risentimento muscolare. Ai mondiali di Budapest non avevo corso per un problema al tendine d’Achille. Abbiamo capito che c’erano delle mancanze a livello fisico e ci stiamo lavorando. Sono fiduciosa di tutto il lavoro fatto finora”.

Quindi le indoor sono saltate per l’infortunio quest’anno.
“In realtà io il mio allenatore, Giuseppe Cappelletti, avevamo già deciso di fare solo i campionati italiani assoluti al coperto. Le gare indoor ci sono sempre servite per staccare un po’ dalla preparazione invernale e fare delle valutazioni su aspetti tecnici, come la partenza dai blocchi o l’ampiezza del passo”.

Punti agli Europei?
“I tempi sono molto tirati perché vorrebbe dire dover fare una gara già adesso a maggio. Mi scoccia quasi più saltare il campionato europeo che le Olimpiadi, perché a Roma la possibilità di medaglia con la staffetta è concreta e il fatto che sia in casa poi gasa ancora di più”.


Quando ti vedremo correre quindi?
“Punto ad arrivare ai campionati italiani di fine giugno in forma sui 100, mentre i 200 penso li escluderemo, perché prevedono una quantità di lavoro lattacido che non credo riusciremo a fare. Il mio obiettivo è fare bene i 100 per poter poi rientrare in staffetta in previsione delle Olimpiadi”.

Hai sofferto a vedere le tue compagne che preparavano le World Relays?
“Sì, soffro tantissimo, ma sono anche sempre contenta di vedere le mie compagne correre. In passato sono subito entrata in staffetta come titolare quindi mi ritengo già fortunata perché non ho mai dovuto dimostrare con gare in più di meritarmi il posto in squadra. Mi pesa molto essere rimasta a casa, però fa parte del gioco. In staffetta va chi sta bene, tutte noi siamo sempre pronte a correre e a Roma andrò sicuramente a sostenere le ragazze. Mi dispiacerà non essere lì in pista con loro, ma sono consapevole che è perché ho avuto questo infortunio”.

Sei contenta che ora ci siano anche volti nuovi, come Arianna De Masi e Carlotta Fedriga?
“Sì, sono contenta che abbiano convocato ragazze più giovani. A volte si sente dire che sono sempre le stesse che corrono, ma per la staffetta andare forti non basta, serve anche un allenamento di sensibilità per fare bene i cambi, serve sintonia. Se non ti viene mai data la possibilità di provare non puoi sapere com’è. E sono convocazioni ottime anche in ottica futura perché è inevitabile che ad un certo punto qualcuno smetterà, mollerà e saranno necessarie nuove leve. Se hai già un po’ di esperienza è meglio per tutte. Per Arianna sono contenta che non abbia mollato dopo che per anni è stata lì lì per entrare, questa convocazione è meritata”.

La staffetta, infatti, è anche una prova di sintonia nei cambi, non solo di velocità.
“E’ l’unico lavoro di squadra che c’è nell’atletica e va fatto bene. Prendiamo l’esempio di Lorenzo Patta: ha una dote naturale per i cambi, è un mostro, lo guardiamo sempre con grande ammirazione ed è ovvio che il tecnico prediliga anche chi dà sicurezza nei cambi”.


A livello femminile, cosa ci dici?
“Dal punto di vista prestativo e tecnico Zaynab sta un passo avanti a tutte noi e dobbiamo solo imparare da lei. Credo che nelle gambe abbia un tempo sotto gli 11 secondi, magari non lo farà alla prima gara ma ce l’ha e da tempo. E’ solo stata rallentata dagli infortuni, che non le hanno permesso di venire a Tokyo. E poi qualche tempo fa, dopo la fase di accelerazione, mollava un po’. Ora sui 60 metri arriva composta per poter andare avanti altri 40 metri a bomba. La differenza tra un 11”20-11”30 e un 10”98 è tutta lì”.

La riabilitazione con Ottavia come sta andando?
“Sono contenta di essere in sua compagnia, perché è un’atleta matura. Lei ha avuto tanti infortuni e sa gestirsi bene, è una tosta. Dal lunedì al venerdì facciamo otto allenamenti, più dei lavori da fare anche il sabato e la domenica. Riuscire a lavorare con qualcuno con cui ti scappa anche una risata rende tutto più leggero, non pensavo che mi sarei trovata così bene”.

Anche tu però sei maturata molto come atleta.
“Sì, sono arrivata a un punto in cui penso che per gareggiare alle competizioni importanti devo stare bene al 100%. Se c’è anche solo un piccolo fastidio, non riesco a esprimermi. Non posso più pensare di andare a un Europeo all’80%, piuttosto salto la gara, anche se era da un anno che ci pensavo. Ma noi atleti dobbiamo essere macchine, non possiamo avere cose che ci frenano. Bisogna avere pazienza, e ogni atleta ha i suoi tempi. Per fortuna sono attorniata da persone che non mi fanno pesare che non sarò a Roma”.

Stai terminando il corso di laurea in servizi giuridici, quali sono i piani futuri di Vittoria Fontana?
“Ho finito gli esami e consegnato la tesi ma mi laureerò nella sessione di ottobre. Ho pensato di continuare con la formazione, ma per quest’anno almeno voglio dedicarmi al 100% solo all’atletica”.

Foto Colombo / Fidal

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